von mas 11.01.2025 18:30 Uhr

Un libro al mese: L’allegra agonia del Trentino – 2

“Chi osa dire che sotto il governo austriaco le questioni amministrative andavano meglio di adesso, corre pericolo di passare per austriacante, per disfattista; ed anche a me sinceramente duole di dover ammettere, sia pure in segreto, certe verità” – Ottone Brentari, nato a Strigno nel 1852,  geografo e storico,  insegnante e giornalista fu un fervente irredentista; pare però che dopo la “redenzione” sia stato colpito da un tardivo quanto ormai inutile “semi-pentimento”.  Nel giugno del 1920, espresse tutti i suoi dubbi sulle azioni e soprattutto sulle non-azioni del governo italiano nelle “Terre redente e liberate”. Oggi proponiamo il secondo stralcio da questo testo alquanto illuminante

Le delizie dell'accentramento.

A Trento esistevano certi macchinari per la fabbrica dell’aria liquida; il Municipio offerse per essi  L. 120.000; ebbe un rifiuto; i macchinari partirono per Roma e Terni; e lì lo stesso Municipio di Trento potè comperarli per. …. L. 80.000, franchi d’imballaggio e di trasporto a Trento. Si perdevano alcune diecine di migliaia di lire, ma era salva la lettera di qualche circolare!

 

Ancora. Per cura dell’Ufficio Sanitario del Commissariato Civile si stanno ricostruendo, o costruendo a nuovo, in vari comuni i ricoveri per gli ammalati cronici ed i vecchi impotenti; sono pronti i locali; ma i comuni non hanno mezzi per ammobigliarli. Nello scorso gennaio, quando si seppe che sarebbe stato disciolto a Trento il magazzino del materiale sanitario preso agli Austriaci, l’Ufficio Sanità lo domandò per quei ricoveri; sulle prime ciò fu concesso, e si iniziò il tra sporlo del materiale.

Ma un bel giorno si cominciò a tergiversare, perchè ora mancava il capitano, ora era andato in licenza il tenente, ora era andato a pranzo il sergente, ora non era in ordine l’inventario; sino a che si dichiarò esplicitamente che non si poteva più dar nulla, e che lutto il materiale  partiva per Roma! Occorreva qualche letto, qualche branda, qualche sedia, qualche armadio? Si scrivesse a Roma, donde sarebbe mandato l’oggetto necessario.

I poveri vecchi intanto muoiono; ma basta che sia salva la lettera di qualche circolare scritta per salvaguardare l’accentramento burocratico pazzesco, che serve come pretesto per offrire stipendio, se non lavoro, a reggimenti di impiegati che scrivono, elencano, emarginano, mentre la povera gente attende, soffre, muore!

Il labirinto burocratico

Un carissimo amico mio, un fervido patriotta, che è lieto anche di morire ora che ha visto il Trentino redento, un uomo
benemerito che si è sempre occupato con pieno disinteresse degli affari pubblici, mi diceva l’altro giorno:

“Quanto sto per dire a te lo dico in assoluta segretezza, e che nessuno ci senta; perchè chi osa dire che sotto il governo austriaco le questioni amministrative andavano meglio di adesso, corre pericolo di passare per austriacante, per disfattista, per pompiere del patriottismo; ed anche a me sinceramente duole di dover ammettere, sia pure in segreto, certe verità.

Per affari pubblici mi recai cento volte a Vienna; senza bisogno di deputati presentatori, di raccomandazioni, di prenotazioni, di fissazione di
convegni, di anticamere di mezze giornate. Colla semplice consegna di un modesto biglietto di visita si arrivava sino al ministro. Di rado occorreva andare fin là, ma di solito bastava andar a cercare qualche direttore generale, picchiare all’uscio, entrare, presentarsi. Il personaggio sentiva, capiva di che cosa si trattava, toccava un bottone sulla tastiera dei campanelli elettrici, faceva venire il capodivisione da cui l’af
fare dipendeva, e vi consegnava a lui; a questo esponevate il vostro affare, consegnavate le vostre carte, e ve ne andavate; e dopo due o tre giorni ricevevate la risposta.

Adesso? Adesso sono cose da impazzire! Girate di via in via, di palazzo in palazzo, di ufficio in ufficio:  e quando finalmente si arriva al posto sospirato, potete sentirvi rispondere:  “Le di lei carte? Mi par bene d’aver visto qualche cosa che si riferisce all’affare di cui ella mi parla; ma chi riuscirebbe più a trovar quelle carte? È passato tanto tempo! Sa che cosa deve fare? Rifaccia la domanda, rinnovi i documenti, e stia certo che … si vedrà, si provvederà!”

Onorevole Signore, mi prendo la libertà di inviarle in omaggio un mio opuscolo sulle tristi condizioni del Trentino e Le sarò molto grato se avrà la cortesia di prestargli la di Lei attenzione e di interessarsi di questa povera regione troppo dimenticata

Così scriveva Ottone Brentari, nell’inviare a destra e a manca il testo della sua “conferenza tenuta a Milano il 12 giugno 1920 per iniziativa della Lega Nazionale Italiana”.  Finita la conferenza, che destò molta impressione e fu vivamente applaudita, venne approvato un ordine del giorno che, fra l’altro, chiedeva che il governo italiano “uscendo da un’inerzia che dura da quasi venti mesi dal giorno dell’auspicata redeneione, affretti il decreto d’annessione” e renda quindi possibile in tempi brevi “una legge che ripari tante rovine palesi e nascoste, e renda possibile la rapida resurrezione del Trentino redento.

Il testo della conferenza di Brentari è oltremodo “illuminante”: vale la pena leggerlo, per capire quello che i nostri nonni e bisnonni dovettero affrontare, una volta “redenti e riuniti all’Italia“.

L’opuscolo è disponibile in poche biblioteche del territorio provinciale (Ala, Arco, Comano, e in diverse sedi a Trento e Rovereto), solo per consultazione e non in prestito.  Il testo è però reperibile online.

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