Tracce di fede: Il Cristo della Domenica
Tracce di fede, indelebili. Sono quelle che caratterizzano l’intero territorio tirolese. A volte sono segni importanti, dipinti o sculture di artisti noti e famosi. Altre, forse la maggior parte, sono opera di semplici artigiani dotati di senso artistico e di innata manualità , altre ancora sono il risultato dell’impegno, elementare ma originale, del proprietario del fondo o del maso. Ma di qualsiasi opera si tratti, questi segni stanno a testimoniare la fede profonda dei nostri nonni; una fede semplice ma fortissima, tanto che, nonostante il tempo passato, spesso ancora è viva nei nostri cuori…
Poco tempo fa siamo stati a Tesero, in valle di Fiemme.  Appena il tempo di fare qualche passo dopo aver lasciato l’automobile, e ci siamo trovati di fronte (anzi, forse è meglio dire … ai piedi) di questo affresco dall’incredibile potenza evocativa. Figura centrale nell’enorme scena dipinta sulla facciata dell’antica Chiesa di San Rocco, è il cosidetto “Cristo della Domenica”. Questa raffigurazione era particolarmente diffusa nel 1500 (la chiesa di San Rocco infatti risale al 1528 e la sua costruzione è legata ad un solenne voto espresso dalla popolazione del paese durante l’epidemia di peste del 1515). Il dipinto rappresentava solitamente il Cristo nudo, con il solo perizoma; intorno a lui varie forme che indicano gli attrezzi che i credenti non potevano utilizzare nel giorno dedicato al Signore.
E proprio così si presenta il Cristo della Domenica di Tesero: il Signore è già stato crocifisso, alle mani, ai piedi ed al costato porta ancora i segni dei chiodi e della lancia. Attorno a lui, quasi sospesi nell’aria per non essere toccati dalle mani dei credenti, ci sono falci e rastrelli, incudini e martelli, ma anche spade, archi ed arcolai. E per chi ritenesse troppo semplice la raffigurazione, l’intento è ulteriormente chiarito dal motto quasi inciso sulla finta cornice:  “In fra tutti li mali selerati / la Dominicha Sancta voi non sanctificati / anci ogni zorno voi lavorati e ogni mal la mia Dominicha voi fati”Â