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Pedemonte e Casotto, tra passato e futuro – 3°

“Le nostre radici – Brancafora” è un libro apparso nel 1997 e scritto da Mons. Alberto Carotta (nato a Pedemonte e scomparso nel 2020), ormai esaurito. In previsione di una ristampa – ci ha raccontato Alberto Baldessari del comitato “Torniamo in Trentino”, nato appunto con lo scopo di chiedere il ritorno alla Provincia di Trento  delle Comunità di Pedemonte (con Casotto), Magasa e  Valvestino, “cacciate” in epoca fascista – Don Carotta gli aveva chiesto di scrivere un appendice al libro, sull’unico avvenimento di portata storica avvenuto dal tempo della prima edizione, cioè la richiesta di tornare in Trentino.  Alberto Baldessari ha messo il suo testo a disposizione della redazione di UT24: eccone oggi la TERZA E ULTIMA PARTE

 

Dettaglio dalla copertina del libro di Mons. Alberto Carotta "Le nostre radici - Brancafora"

Quando l’idea di una ristampa del libro “Le nostre radici – Brancafora” stava prendendo forma, Mons. Alberto Carotta aveva ripetutamente espresso la volontà di preservarne il carattere storico ed a tal proposito mi aveva chiesto di occuparmi della questione riguardante il distacco di Pedemonte e Casotto dal Trentino e la successiva richiesta di ritornare nella provincia di origine. Purtroppo egli se ne è andato improvvisamente prima che il tutto potesse prendere forma concreta.

Mi accingo a farlo ora – scrive Alberto Baldessari –  riepilogando le tappe più importanti di una vicenda che purtroppo non è ancora giunta a conclusione.

Dopo il 1980

Nel 1980 Casotto, dopo 40 anni di contrastata appartenenza al comune di Valdastico, chiese ed ottenne, con legge regionale veneta nr. 81 del 31 maggio 1980, di essere aggregato a Pedemonte: si riuniva così amministrativamente quel territorio che aveva condiviso tanti secoli di Storia.

Verso la fine degli anni ’90 ci fu un primo passo sostanziale di riavvicinamento a Trento, con il ripristino del Libro Fondiario, da sempre avente sede in Trentino, con una spesa di 800.000.000 di lire completamente coperta dalla Regione Trentino Südtirol (in seguito la competenza sarebbe passata alle due Province Autonome). Si trattò di un provvedimento assolutamente eccezionale reso necessario dalle gravi condizioni di abbandono in cui questo importantissimo strumento era stato lasciato dalla nostra popolazione, rendendo in tal modo palese il senso di concreta vicinanza delle istituzioni trentine nei riguardi del nostro paese.

Un secondo passo significativo, questa volta in campo culturale, mi vide coinvolto in prima persona; dopo due anni di impegno volontario, nel maggio del 2000 riuscii a completare la raccolta, sia da fonti orali sia da documenti, dei toponimi di Pedemonte e Casotto seguendo la rigida normativa prevista per tutti i Comuni del Trentino: in questo modo anche il nostro paese entrò a far parte, caso unico in Veneto, del poderoso Dizionario Toponomastico Trentino [12].

Un’altra importantissima tappa di grande impatto fu il trasferimento del Nuovo Catasto Edilizio Urbano da Vicenza a Trento avvenuto ufficialmente il 1 dicembre 2006: una pratica complessa iniziata nel 1993, che richiese anche la modifica di una norma dello Statuto della Regione Trentino Südtirol, tanto che il relativo Decreto Legislativo dovette essere firmato dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio, dal Ministro degli Affari Regionali, dal Ministro di Economia e Finanze e dal Ministro della Giustizia (D.L. nr. 186 del 18 aprile 2006).

Sono tre fatti che, seppur in ambiti diversi, segnarono un discrimine netto tra Pedemonte e tutti gli altri Comuni veneti.

Nel 2001 a Casotto venne ripristinata l’antica Regola, modificando in tal senso l’A.S.U.C. (Amministrazione Separata degli Usi Civici). Le Carte di Regola nella Giurisdizione di Caldonazzo alla quale anche Casotto appartenne per secoli, erano precedenti all’introduzione dei comuni. Napoleone, intransigente contro qualunque genere di autonomia, nel 1805 aveva soppresso anche questi antichi ed efficaci strumenti di autogestione del territorio e tuttavia due secoli più tardi i Casottani seppero riprendersi il maltolto [10].

L’art. 42 della Legge nr. 352 del 25 maggio 1970 di fatto rendeva impossibile ogni passaggio di comuni da una Regione ad un’altra, ma la Corte Costituzionale con la sentenza nr. 334 del 2004 ne dichiarò l’illegittimità. In brevissimo tempo oltre 100 comuni di tutta Italia chiesero di cambiare Regione, spesso per meri motivi economici. Non così per Pedemonte.

Nel gennaio del 2007 si formò un Comitato che già nella scelta del nome marcava la distanza da tutti gli altri, e nel contempo racchiudeva il suo obiettivo: Comitato Torniamo in Trentino di Pedemonte. In una frase della lettera di presentazione alla popolazione era condensato il motivo principale della richiesta di rientrare nella provincia di origine «il vero “oro” del Trentino per noi non è rappresentato tanto dalla maggiore disponibilità finanziaria (…) quanto invece dalla possibilità di tornare a far parte di una realtà più piccola, più omogenea, che si autogoverna, dove anche noi potremmo far sentire la nostra voce, essendo minima la distanza, non solo chilometrica, tra chi chiede e chi è deputato a dare una risposta, in modo tale che chi abita in periferia non si senta cittadino di serie B». In altre parole, al contrario della realtà veneta dove la maggioranza dei cittadini abita nella fascia di pianura fortemente industrializzata compresa tra Verona, Vicenza, Padova, Mestre e Treviso, in Trentino la maggior parte della popolazione, e quindi del conseguente potere politico ed economico, risiede in piccoli paesi montani paragonabili al nostro, per cui difficilmente il Consiglio Provinciale di Trento emana leggi o provvedimenti contrari all’interesse delle piccole comunità.

Nei giorni 9 e 10 marzo 2008 si svolse il referendum col quale il 76,1% dei votanti espresse democraticamente la volontà che Pedemonte rientri in seno alla provincia di Trento. L’esito venne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nr. 74 del 28 marzo 2008 [11].

Seguì una lunga serie di prese di posizione ufficiali di sostegno da parte dei viciniori comuni trentini di Folgarìa, Lavarone, Luserna e Caldonazzo, della Comunità di Valle degli Altipiani Cimbri ed anche del Consiglio Regionale del Trentino Südtirol con due mozioni votate quasi all’unanimità nel 2010 e nel 2012.

Già nel 2007 la Giunta Regionale del Trentino Südtirol aveva esteso il diritto a concorrere a borse di studio per frequentare all’estero il quarto anno delle superiori, anche agli studenti residenti nei comuni un tempo facenti parte del Tirolo Storico compreso il nostro, e la disposizione venne riconfermata negli anni seguenti;  il 20 marzo 2013 il Consiglio Provinciale di Trento approvò una modifica alla legge sulle foreste stabilendo che i residenti nei Comuni di Pedemonte, Magasa e Valvestino, in quanto depositari dei medesimi antichi usi e consuetudini che sono alla base della legislazione, venivano equiparati ai Trentini per quando riguarda la ricerca e raccolta dei funghi.

 

 

Pur trattandosi di tematiche completamente differenti, si trattò di due provvedimenti molto significativi perché caratterizzarono ancora di più il rapporto privilegiato della Provincia Autonoma di Trento verso quei tre Comuni già appartenenti al Tirolo Storico.

All’inizio di ogni legislatura, per dare seguito alla volontà espressa col referendum del 2008, furono depositati Disegni di Legge di rango costituzionale [13], che quindi avrebbero richiesto un doppio passaggio Camera–Senato a distanza di almeno sei mesi, presentati alternativamente da parlamentari di destra, di sinistra, di maggioranza e di opposizione, perché la causa di Pedemonte non ha colore politico. Pedemonte ha scelto di fare fronte comune con Magasa e Valvestino, i due comuni ex trentini con i quali abbiamo condiviso secoli di Storia; anch’essi chiesero di rientrare in Trentino con un referendum, ma la nostra meta, purtroppo non è ancora stata raggiunta.

Permane quindi un profondo senso di tristezza pensando ai sacrifici, alla costanza, al coraggio ed alla determinazione dei nostri padri che nulla hanno potuto di fronte all’indifferenza ostentata da alcuni politici ed all’aperto contrasto da parte di altri.

Rimane il nostro fermo impegno a portare avanti la lotta con tutti i mezzi democratici in nostro possesso, anche per onorare la memoria di Mons. Alberto Carotta che, come testimoniato dal presente volume, era un profondo conoscitore della Storia e delle tradizioni del nostro paese a cui rimase sempre legato ed avrebbe tanto desiderato vederlo ritornare in seno alla provincia-madre.

Questo è anche il mio augurio, per il maggior bene della nostra gente.

 

 

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