Un libro al mese: Malati di sogni 3°
Der Urhirte - Il vecchio Sepp
Non lo aveva sentito arrivare né mai si sarebbe aspettato di incontrarlo lassù, per questo fissò Sepp come avesse visto un fantasma. Il vecchio sogghignò divertito sedendo su una grossa pietra ricoperta di muschio. “Sorpreso di vedermi?” – “Nooo! Affatto! È del tutto normale che uno che ha passato il secolo se ne vada a spasso quassù! (…)
“La nostra, caro Leo, era un’intera generazione malata di un grande sogno di riscatto e riabilitazione, di fronte a sé stessa prima ancora che di fronte al mondo. Una generazione che aveva visto i propri padri presi a calci e umiliati come cani randagi, imprigionati, derubati della propria lingua madre. Una generazione inerme di fronte all’umiliazione delle proprie madri e degli anziani, al tentativo di annientare le basi stesse del suo futuro. Un futuro da cancellare! Un popolo senza lingua era destinato a morire e lo avevano capito molto bene i gerarchi della nuova barbarie, i burattinai di Berlino e Roma.”
“Hitler e Mussolini, intendi, e i loro cani da guardia?”
“Certo che parlo dei due pazzi delinquenti, quelli che nessuno fermò in tempo perché a molti facevano comodo, che Dio li maledica tutti!” Un gesto, come per mandarlo al diavolo, e già aveva ripreso da dove era stato interrotto. “Un po’ alla volta però ci eravamo trovati in diversi a sognare assieme ed assieme costruire le basi per vedere un giorno i nostri sogni riuniti nella grande aquila rossa, in volo su un domani diverso, di cui i nostri vecchi potessero essere ancora fieri. (…)
Non covo odio per nessuno, sono troppo vecchio per odiare e forse non l’ho fatto mai sul serio, nemmeno in galera sotto tortura. Ciò che io non potrò mai perdonare a molti italiani è la loro arroganza, o forse paura, nel rifiuto sistematico di fare i conti con il proprio passato. Gli italiani continuano a far finta di non essere stati aggressori né fascisti e di aver vinto sui campi di battaglia. Invece fascisti lo sono stati eccome, e pure aggressori e in quanto alle guerre, come sempre si è mentito. Ma ancora oggi chi di loro onestamente lo dice e scrive viene ignorato o coperto d’insulti, mentre i libri scolastici continuano a divulgare le stesse panzane. Nemmeno dei loro figli hanno rispetto.” (…)
“I morti Sepp, sono i morti la macchia sui vostri, sui miei sogni di allora. I tralicci fanno spavento e rumore, i morti pietà.”
“Per questo – tuonò – ci eravamo dati principi inderogabili: né vite umane né danni alle proprietà dei nostri conterranei dovevano ostacolare il nostro unico obiettivo. Non volevamo vendetta io, Kerschbaumer, Gostner, Pircher e gli altri. E nemmeno i “Puschtra Buibm”, o gli altri gruppetti che cercavano di fare qualcosa fino nelle valli più remote. Il nostro scopo era di ricordare al mondo i soprusi compiuti ai nostri danni e ottenere giustizia. Furono gli occupanti in divisa ad alzare i toni, trasformando una battaglia di un popolo per i diritti umani in una guerra. Furono loro, non noi, a sparare a vista, uccidendo poveri diavoli inermi senza motivo. Noi volevamo solo vivere in pace nella nostra terra unita, con la nostra lingua e cultura. (…)
“Cosa credi, che ci consegnammo spontaneamente, oltre 150 in pochi giorni? No Leo, nessun servizio segreto al mondo sarebbe stato così efficiente senza ricorrere alla tortura, credimi! Non ce le inventammo le sigarette spente addosso, le dita spezzate, le costole fratturate colpendoci con mazze di legno, calci e pugni guantati di ferro. Nemmeno le scosse elettriche ci furono risparmiate, né luci accecanti accese in volto per notti intere, né la fame e la sete. Donne comprese.” (…)
“Alcuni dei sadici vigliacchi che ci avevano torturati furono, poco dopo, processati a Trento, ma ne uscirono assolti e persino decorati, irridendo il diritto, non solo il popolo tirolese.”
Predoni di anime
Non sono andato oltre le scuole elementari io, mio padre non voleva che frequentassi le scuole “in cui ti fanno diventare italiano, ti rubano l’anima” e le scuole clandestine, le “Katakombenschulen” 28, non erano tutte come quella del Brunnerhof. No, non erano vere scuole, spesso senza testi, senza fondi e alcune persino senza veri insegnanti, con la paura di essere scoperti, sempre pronti alla fuga. Era già tanto che ci insegnassero la nostra lingua e un po’ di storia, la nostra non quella inventata da altri. Tu che hai vissuto tra gli indiani Leo dovresti saperlo: un popolo privato della propria lingua e della propria storia ha i giorni contati!”
(… )
Lui era più giovane. Lui non ricordava l’umiliazione di molti paesani, bambini catapultati in una scuola dove era ammessa esclusivamente una lingua diversa dall’unica che conoscessero. Tutti i suoi coetanei erano stati fortunati, perché le camicie nere erano scomparse dalle strade e perché la sorte aveva conservato loro il maestro Agostini. Lui li aveva capiti, aiutati e persino difesi rischiando di suo, facendo finta di non sapere ciò che anche la presunta democrazia, subentrata al regime fascista, ancora dietro le quinte perseguiva, con immutata pervicacia.
Ma poi l’Americano se n’era andato, volato via sulle ali dei propri sogni …
Cielo nero
Il tempo non si poteva far tornare indietro, cancellare decenni ed eventi. Migliaia di pagine sfogliate in biblioteca, ore di filmati, notti insonni a pensare, gli avevano mostrato come qualcuno avesse tentato di farlo, in passato, ma solo con la violenza e il dolore, lasciando ferite che non si rimarginavano. Come nel Nordovest.
Aveva scoperto che, negli anni in cui lui se n’era andato, per lo più nelle città di Bolzano e Merano, erano stati costruiti dallo stato interi quartieri di case popolari, che poi erano state cedute agli immigrati a prezzi resi accessibili da pesanti sovvenzioni. Possibilità che nella realtà era preclusa ai tirolesi con la copertura di regolamenti per loro indecifrabili e pieni di trabocchetti. Ma coloro che non avevano un maso e dovevano vivere lavorando in fabbrica o nei cantieri, come gli italiani, non avevano anche gli stessi diritti? Almeno quelli?
Ciò che aveva reso tutto più difficile era la convinzione, instillata ad arte con l’indottrinamento di una storia fasulla, che questa fosse terra italiana e che dunque non fossero certo i recenti immigrati gli intrusi: perché dunque avrebbero dovuto imparare la lingua tedesca e venire a compromessi con i tirolesi? Al contrario! Bisognava riportare queste genti, a forza imbarbarite e germanizzate, nel luminoso alveo dell’antica cultura romana. Una storia millenaria seppellita senza onore da chi questa terra aveva conquistata solo con trattati iniqui decisi da altri e poi pure disattesi, mai con le armi, né con la cultura. Come gli “unceeded territories” dei nativi canadesi.
Nemmeno sapevano che, in quella guerra, i loro “fratelli irredenti” trentini la loro scelta l’avevano fatta senza possibilità di fraintendere: in 602, secondo il conteggio ufficiale italiano, si erano arruolati volontari sotto il tricolore, contro 11.000 volontari sotto le insegne del Kaiser, per difendere la loro patria aggredita, assieme ai 60.000 richiamati. A qualsiasi latitudine e in qualunque lingua il 5% poteva avere un solo nome: sparuta minoranza. Dunque di una guerra di aggressione si era trattato, di prevaricazione, non di liberazione.
Per un caso fortuito, ormai anziano, Leo torna alla vecchia casa di famiglia, nel Sudtirolo che ha lasciato a 17 anni. Ha trascorso l’intera vita lontano, fra le immense foreste del Canada, e per tutti ormai è l’Americano. Nel racconto di Max Unterrichter si mescolano gli anni della brutalità fascista e delle bombe in Sudtirolo con la ferocia coloniale e le Scuole Residenziali Indiane del Nuovo Mondo. Genocidi perseguiti cinicamente e esseri umani che vorrebbero solo vivere a modo loro, con rispetto e amore.
Il nuovo libro di Max Unterrichter – pubblicato dalla casa editrice Effekt! in lingua tedesca e da Youcanprint in lingua italiana e inglese – è un viaggio fra passato e presente, fra luoghi di confine e popoli diversi – i Nativi del Canada e i Sudtirolesi – ma accumunati dalle ingiustizie subite, dalla fierezza e unicità che li distingue da tutti coloro che li circondano, tra memoria e ricerca di un futuro che pare grigio di dubbi difficili da sciogliere.
“Malati di Sogni” non è un romanzo e nemmeno un saggio. E un libro vero, duro, per certi versi difficile da digerire, ma che vale la pena leggere, una prima volta tutto di un fiato, e poi un’altra ancora più lentamente, andando a fondo di ogni pagina, di ogni parola.
Chi non trovasse il volume in libreria oppure online, può rivolgersi alle case editrici (Effekt! = 0471 813 482 – info@effekt.it / Youcanprint ) o direttamente all’autore (munterr@tin.it )