von mas 20.10.2024 06:47 Uhr

Tracce di fede: Le acque dell’Avisio

La fede, semplice ma profonda, di chi ha vissuto per secoli ed ancora vive fra le valli e le montagne della nostra Terra, è testimoniata da decine e decine di segni, di tracce. Oggi siamo arrivati a Lavis

Foto di Manuela Sartori / UT24

Tracce di fede, indelebili.  Sono quelle che caratterizzano l’intero territorio tirolese.  A volte sono segni importanti,  dipinti o sculture di artisti noti e famosi. Altre, forse la maggior parte, sono opera di semplici artigiani dotati di senso artistico e di innata manualità, altre ancora sono il risultato dell’impegno, elementare ma originale, del proprietario del fondo o del maso. Ma di qualsiasi opera si tratti, questi segni stanno a testimoniare la fede

San Giovanni Nepomuceno, come abbiamo già visto in altre raffigurazioni (i lettori si ricorderenno senz’altro quelle lungo la Drava di cui abbiamo scritto nei mesi scorsi)  è il Santo protettore della Boemia, ma secondo la tradizione e la fede popolare, protegge soprattutto dal pericolo delle acque: morì infatti annegato, dopo che il Re di Boemia Venceslao lo aveva fatto gettare nella Moldava.

Anche a Lavis c’è un capitello a lui dedicato, e lo abbiamo incontrato proprio sulla riva dell’Avisio, in una piccola aiuola cinta di verde, nei pressi del ponte che attraversa il fiume e che porta a San Lazzaro, la piccola frazione di Trento. Non ci potrebbe essere posto migliore…

A fianco del capitello, c’è un altro monumento interessante: è quello che la locale Schützenkompanie ha fatto ereggere per ricordare la “Battaglia del Ponte di Lavis” del 2 ottobre 1809, quando molti caddero per difendere il paese e la Heimat dall’invasore francese. Proprio qui infatti, otto insurgenti tirolesi sopravvissuti alla battaglia, vennero fucilati per ordine del generale Peyri, come racconta Girolamo Andreis “Ne furono uccisi quaranta a colpi di baionetta nella casa del dazio presso il ponte; quelli che non furono spenti nel furor dell‘assalto, l‘ira vendicatrice del Peyri li condannava a morte: appena cadevano nelle mani nemiche venivano trascinati in vicinanza dell‘antica chiesuola della Madonna di Loreto, avanti le bocche dei fuminanti moschetti”.

Anche questo secondo manufatto parla di preghiera e di fede: secondo Agostino Perini “Le vedove e i figli si recarono ogni anno processionalmente dalle vicinanze di Bolzano a questo luogo a pregare per le anime degli estinti».

 

Jetzt
,
oder
oder mit versenden.

Es gibt neue Nachrichten auf der Startseite