Valdastico
Riceviamo da Franco Beber e Paolo Monti, Presidente e Portavoce di Risveglio Tirolese una stimolante riflessione riguardo un progetto che fa discutere. “La realizzazione di un’infrastruttura stradale, come la Valdastico, è ovviamente nell’interesse di ogni possibile costruttore. Non ci scandalizziamo quindi del fatto che la categoria spinga in tale direzione. Da questo punto di vista non vi sono sostanziali differenze tra Veneto e Trentino, dal momento che le imprese interessate sono certamente presenti in entrambi i contesti territoriali, come peraltro nel più ampio contesto nazionale ed europeo. La decisione tuttavia compete alla politica. A tale livello le seppur legittime aspettative dei costruttori dovrebbero essere completamente ignorate, per lasciare il posto a considerazioni inerenti esclusivamente il benessere a lungo termine dei territori interessati dall’infrastruttura o, meglio, il benessere a lunghissimo termine, data la sostanziale irreversibilità dell’infrastruttura stessa, una volta realizzata. Da una tale analisi non possono che emergere profonde contraddizioni, tra interesse veneto ed interesse trentino.
Innanzitutto, dal punto di vista ambientale l’impatto della Valdastico, con qualunque tracciato, avrebbe pressoché tutte le ricadute negative in territorio trentino. Essa inoltre relegherebbe in soffitta, definitivamente, i progetti di infrastrutturazione sul modello svizzero, di cui si parla da decenni, che prevedono la movimentazione delle merci da una parte all’altra delle Alpi tramite la strada ferrata, anziché su gomma, a partire dai due capisaldi di Verona, a sud, e Monaco, a nord. Tutto ciò non interessa gran parte dell’imprenditoria veneta che, al contrario, punta a crearsi un ulteriore rapido accesso, dopo Verona e la Valsugana, all’autostrada del Brennero, su cui continuare dunque a caricare le proprie merci dirette ai mercati della Germania e, più in generale, del centro-nord Europa. Ciò a maggior ragione, dopo l’abbandono del progetto dell’autostrada di Alemagna, che prevedeva il collegamento diretto dal territorio bellunese a quello austriaco, a suo tempo stoppato dalla Provincia di Bolzano. Con l’uscita della Valdastico a Rovereto non si esclude neppure l’interesse di tale imprenditoria ad aprirsi un facile accesso dal cuore della pianura veneta al lembo settentrionale del lago di Garda, terra trentina molto appetibile, come noto, per il business turistico.
Vanno dunque ben focalizzati anche gli aspetti economico-sociali, di cui quello qui appena accennato è solo un esempio, perché appare chiarissimo come il superamento della barriera naturale rappresentata dai rilievi alpini non farebbe altro che avvantaggiare le imprese venete che, come noto, operando nel più favorevole e dinamico contesto di pianura, possono beneficiare di economie di scala e, più in generale, di un certo vantaggio competitivo rispetto alle imprese locali, le quali verrebbero letteralmente spazzate via dalla concorrenza veneta, nel mentre la Vallagarina, soprattutto, tenderebbe a trasformarsi in semplice mercato di sbocco senza una propria fisionomia e capacità produttiva, quindi sostanzialmente in una terra di conquista dal punto di vista economico.
Dalla dipendenza economica all’assimilazione socioculturale, con ulteriore colpo mortale alle ragioni della specificità e dell’Autonomia, il passo è breve. D’altra parte, la Valdastico è figlia della PI.RU.BI., fortemente voluta mezzo secolo fa da Piccoli, Rumor e Bisaglia, tre politici, di zona, della DC nazionale: pensare dunque all’esistenza di un disegno politico teso alla standardizzazione nazionale dell’identità e specificità trentine, non appare per nulla fuori luogo. La classe dirigente del Trentino/Tirolo meridionale appare spaccata sulla Valdastico. Noi siamo convinti che corrisponda agli interessi di questa terra essere fermamente contrari alla stessa”.