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Un libro al mese: I ladini fra tedeschi e italiani – 3°

Il libro di Luciana Palla propone un affascinante percorso storico ampiamente documentato degli ultimi 100 anni della piccola comunità ladina di Livinallongo/Fodom, appartenente alla monarchia asburgica fino al 1918. Il problema dell’identità negata è alla base di questo secolo di storia, fino all’oggi. Ecco il terzo estratto –  Il secondo dopoguerra:  “… I ladini non esistevano, erano semplicemente un gruppo dialettale italiano e le loro richieste di passare con la provincia di Bolzano erano del tutto prive di fondamento …”

Particolare della copertina del libro di Luciana Palla

Se il primo dopoguerra fu duro perché bisognava ricostruire le case, dissodare i campi, raccogliere le armi sparse dappertutto, il secondo dopoguerra fu forse altrettanto duro perché bisognava ricomporre la comunità divisa dalle opzioni, dall’occupazione tedesca, dai tragici fatti della guerra che avevano toccato anche persone del paese.

Ai primi di maggio 1945 i tre comuni di Fodom, Col e Ampezzo vennero fatti tornare sotto la provincia di Belluno, mentre avrebbero voluto restare con Bolzano. Essi non vennero riconosciuti come ladini dalle autorità politiche italiane e dai loro studiosi.

 

  • Raduno sul Passo Sella del 14 luglio 1946 per chiedere riconoscimento e riunificazione di tutte le valli ladine dolomitiche in provincia di Bolzano.

Il glottologo bellunese Giovann Battista Pellegrini scriveva su “Il Gazzettino” del 2 ottobre 1945: “Quanto al concetto di interpretazione di ladino, la filologia italiana, con consenso di eminenti personalità scientifiche straniere, ha ormai sfatato quasi definitivamente le teorie dei pangermanisti i quali, non potendo sostenere la diretta appartenenza delle genti dolomitiche al tedesco, crearono le note assurdità di una lingua e conseguentemente di una nazione ladina, favorendo lo spirito autonomistico di quelle popolazioni schierandole contro l’Italia, incrementando l’uso addirittura scritto dei loro dialetti (chiamati pomposamente lingua ladina)”.

  • Telegramma spedito nell’estate 1946 al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi da «Zent Ladina Dolomites» e pubblicato sull’omonimo settimanale

Dal 1946 al 1948, in previsione dello statuto dell’autonomia per la regione Trentino-Südtirol che si sapeva che sarebbe stato approvato grazie agli accordi internazionali fra Austria e Italia, i ladini portarono avanti molti movimenti per ottenere anch’essi riconoscimento di minoranza, come il gruppo etnico tedesco in provincia di Bolzano, e quindi tutela e autonomia.

Questo riuscì abbastanza agevole per le valli di Badia e Gardena che erano in provincia di Bolzano, la cosa riuscì molto più difficile per la Val di Fassa, che si vide praticamente esclusa nelle norme di attuazione dello statuto approvato nel gennaio 1948.

I ladini dei tre comuni in provincia di Belluno vennero invece completamente ignorati, essendo fuori dalla regione a statuto speciale: come aveva anticipato Giovan Battista Pellegrini già alla fine del 1945, i ladini non esistevano, erano semplicemente un gruppo dialettale italiano e le loro richieste di passare con la provincia di Bolzano, che si ripeterono nel 1964, nel 1972 e nel 1977 erano del tutto prive di fondamento: erano considerate tendenze separatistiche, condizionate dalla SVP e da qualche filotedesco locale.

 

  • Il paese di Contrin, frazione di Fodom, negli anni settanta del Novecento.

Nel 1964 venne tagliato anche l’ultimo legame, quello religioso, di Fodom, Col e Ampezzo con la loro storia tirolese e con le valli di Badia e Gardena: i tre comuni furono staccati dalla Diocesi di Bressanone ed aggregati a quella di Belluno, con grande malcontento fra la popolazione locale.

 

Il libro “I Ladini fra tedeschi e italiani” propone un affascinante percorso storico ampiamente documentato degli ultimi 100 anni della piccola comunità ladina di Livinallongo/Fodom, appartenente alla monarchia asburgica fino al 1918. Era l’ultimo paese tirolese sul confine con il Veneto, annesso all’Italia con la fine della prima guerra; inserito nella provincia di Belluno nel 1923, avrà di conseguenza un destino politico diverso rispetto alle altre valli ladine dolomitiche (Badia, Gardena Fassa) che si trovano nella regione autonoma Trentino Südtirol. Il problema dell’identità negata sarà alla base di questo secolo di storia, fino all’oggi.

La ricerca storica che Luciana Palla propone ricostruisce le scelte, le illusioni, le speranze, le strumentalizzazioni politiche in cui incorre la comunità di Fodom, insieme alle altre valli ladine ex tirolesi, attraverso gli eventi così traumatici della prima metà del Novecento: prima guerra, fascismo, trattato italo-tedesco delle opzioni del 1939, seconda guerra ecc. Dal 1948 in poi la “questione ladina” si ripresenta puntualmente, con sfaccettature varie, spesso con irruenza, in un clima politico-culturale che via via muta, ed è ancora oggi particolarmente attuale, fonte di discussioni e di polemiche nel Bellunese e nel Veneto, soprattutto dopo il referendum tenutosi il 27 ottobre 2007 a Livinallongo, Colle Santa Lucia e Cortina d’Ampezzo per ottenere il passaggio di questi tre comuni ladini alla provincia di Bolzano.

 

Luciana Palla, nata a Livinallongo, laureata in filosofia e in storia, ha svolto un’intensa attività di ricerca sulla storia delle valli ladine nel Novecento.  I lettori di UT24 la conoscono anche per il suo libro dedicato ai soldati tirolesi (in particolare primierotti) imprigionati a Isernia dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e per  “Profughi tra storia e memorie” che abbiamo presentato qualche mese fa.

“I Ladini fra tedeschi e italiani” si trova in libreria e online, oppure può essere richiesto direttamente  all’autrice, tramite i seguenti contatti:  lcnpalla@mail.com  – 339 / 3781322.  La dottoressa Palla è a disposizione per presentare sul territorio questo e gli altri suoi libri.

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