Lo schiaffo “tolomeico” (76)

La rubrica dedicata alla patologia di Ettore Tolomei, l’artefice della modifica dei toponimi tedeschi nei 116 Comuni südtirolesi e della quasi totalità della micro-toponomastica, prende avvio dall’annessione del Tirolo storico al Regno d’Italia dopo la Prima guerra mondiale quando vennero a crearsi i presupposti per una radicale politica di italianizzazione dopo la presa di potere fascista. I fascisti, con lo scopo dell’estraniazione culturale e sociale della popolazione autoctona, vietarono l’utilizzo della toponomastica tedesca. Fu così che nacquero neologismi per così dire bislacchi partoriti da menti malsane, corrose dal fanatismo italico che voleva soggiogare la popolazione tirolese cominciando dall’identità culturale. Il Tolomei redasse un elenco dei cognomi del Südtirol per restituire, secondo il suo punto di vista, una appartenenza “italica” con talvolta stramberie e stravaganze davvero parossistiche e anche evidenti scappatoie esilaranti, palesi scalate su specchi scivolosi…
Come si è già sottolineato tante volte, l’arzigogolo tolomeico ha spesso spaziato in galassie linguistiche che neanche la fisica quantistica potrebbe supportare. Keifl, ad esempio, un cognome presente soprattutto in Eisacktal, Tolomei lo fece fare provenire da “Käufel”, rigattiere o da “Kaufen”, comprare, così lo italianizzò in Merciai o Rigattieri…Con Keim utilizzò un metodo anche questo piuttosto artificioso e lo ricavò da un probabile nome personale (Gaimfrid o Gaimbald) per trasformarlo in Càimi o Gaimi. Ma da ricordare che il cognome Keim è legato all’artigiano e ricercatore A.W. Keim, l’inventore dei colori al silicato. Conosciuto già nel Medioevo sotto il nome di “Liquor silicium”, mancavano però le tecnologie per una buona produzione ed applicazione. Alla base della sua scoperta brevettata nel lontano 1878, c’era la miscelazione di silicato liquido di potassio (acqua di vetro) con pigmenti colorati inorganici. Il risultato: dei colori ai silicati che per qualità, durata, protezione e luminosità non trova simili nel suo genere. Nel 1768 Johann Wolfgang von Goethe intraprese i primi esperimenti con il silicato di potassio. Nell’ottavo libro della sua opera “Poesia e verità” scriveva: “Quello che mi ha tenuto occupato per la maggior parte del tempo è il cosiddetto “Liquor Silicium”’ che si ottiene sciogliendo selce quarzifera pura con una parte appropriata di alcali. Si ottiene così una massa vetrificata trasparente che si scioglie all’aria formando un liquido chiaro…”.
Fu Ludovico I Re di Baviera a dare l’impulso decisivo al lavoro di ricerca di Adolf Wilhelm Keim. Il monarca, appassionato d’arte, fu colpito dalla meravigliosa freschezza dei colori di vari affreschi nell’Italia settentrionale. Il suo desiderio più grande era quello di farne realizzare di simili anche nel suo regno, ma il clima notoriamente più rigido a nord delle Alpi distrusse le opere in breve tempo.
Venne conferito allora ai ricercatori di corte l’incarico di sviluppare dei colori che avessero le caratteristiche dei colori per affreschi, ma fossero anche più resistenti e duraturi nel tempo. L’aspetto più rivoluzionario dell’invenzione di A.W. Keim era il giusto legame tra colore e muratura. Non era quindi meglio lasciare il cognome com’era invece di brutalizzarlo con Càimi o Gaimi? La follia tolomeica. (continua)






