L’Aquila, stemma di Trento e provincia (6)

Il diploma originale col quale Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia, concedeva nel 1339 a Nicolò di Bruna (l’attuale Brno), Vescovo di Trento, lo stemma di s. Venceslao fu per un periodo irreperibile. Il ritrovamento del diploma è avvenuto del tuto casualmente e dopo lunghe e assidue ricerche d’archivio. Nella primavera del 1971, consultando i documenti del Principato vescovile di Trento, conservati nell’archivio di Stato di Trento alla ricerca di notizie intorno a Filippo Bonacolsi frate francescano vescovo di Trento dal 1289 al 1303, nell’aprire una delle buste contenenti documenti di quel periodo tanto burrascoso per la storia della nostro territorio, si è avuto la gradita sorpresa di avere fra le mani e di ammirare non senza una certa emozione il diploma originale col quale Giovanni re di Boemia pregato dal vescovo Nicolò di Bruna concedeva a lui, ai suoi successori, alla chiesa di Trento, le insegne di s. Venceslao. Per quale ragione il Vescovo Nicolò di Bruna senti la necessità di avere per sé e per la diocesi uno stemma e un vessillo? E perché volle chiedere al suo amico, il re di Boemia, non uno stemma qualunque ma proprio quello di un principe di Boemia, anzi quello dello stesso suo patrono San Venceslao?
Il piccolo esercito del Principato di Trento formato di ministeriali e di nobili fedeli al principe all’arrivo di Nicolò di Bruna a Trento era presumibilmente o sicuramente privo di uno stemma unitario da dipingere sugli scudi e da ricamare sulle bandiere da far sventolare nelle giostre e da inalberare sulle torri dei castelli ed affidare all’alfiere che lo portasse in testa alle truppe in marcia. Per riunire sotto un’unica bandiera i ministeriali, i nobili e i vassalli del Principato e per ridare il segno dell’unità allo stesso era evidente l’importanza che una bandiera ed uno stemma in grado di competere non solo con le bandiere dei vari nobili che potevano vantare antiche origini, ma anche con l’aquila tirolese e col leone dei Castelbarco.
Il vescovo Nicolò prima di rivolgersi al re di Boemia per chiedergli lo stemma di S. Vinceslao avrà probabilmente cercato fra i vari stemmi e vessilli dei suoi antecessori e della città uno degno di figurare come simbolo di unione e di preminenza su tutti quelli del Principato ma si può credere che nessuno gli sia sembrato in grado di soddisfare allo scopo. Probabilmente già allora la città non aveva un unico stemma e un’unica bandiera come forse aveva avuto un secolo prima ma i nobili, come documentato più tardi, facevano dipingere non solo sulle torri delle proprie case ma anche su quelle del comune i propri stemmi.
Gli eserciti poi recavano in testa la bandiera del loro partito, o quella guelfa o quella ghibellina. Se la città o il Principato avessero avuto al tempo di Nicolò di Bruna uno stemma o uno stendardo propri, non si spiegherebbe il perché egli si sia deciso a ricorrere al suo amico il re Giovanni per chiedergli uno stemma e una bandiera per il Principato e per la chiesa di Trento (continua)






