Un libro al mese: Le rovine della guerra 4°

La fascia di guerra
La fascia di guerra involge il Trentino ad ovest, a sud-ovest, a sud ed a sud-est, ed essa può venire divisa in varie zone a secondo delle valli che essa discende, risale o traversa. Ecco alcune indicazioni delle singole zone devastate.
Val di Sole
Lasciamo da parte lo Stelvio che esce dai confini del Trentino, lasciamo da parte l’eccelso baluardo dell’Ortler-Cevedale sul quale i nostri alpini compirono prodigi di valore fra le nevi ed i ghiacci, ma lontani dai paesi; e veniamo al Tonale. Sino dal 25 maggio del 1915, col primo slancio irrestibile, i nostri soldati occuparono la Forcella di Montozzo, alla testata del Noce ed il Passo del Tonale, alla testata della Vermigliana, del Noce tributaria; la Forcella è difesa dai forti Fratasecca e Barbafiori; il Passo dai forti Zaccarana, Presanella, Strino e Velon; il che impedì, sino al giorno della vittoria travolgente, per quel passo, la nostra avanzata. Ad ovest dei forti del Tonale, più a valle di essi, si estendono le frazioni del Comune di Vermiglio, sotto al tiro delle nostre artiglierie, e qualcuna delle quali restò danneggiatissima. Prima della guerra il Comune di Vermiglio con tava 220 case con 1876 abitanti.
Distretto di Tione
I paesi a nord dei forti di Lardaro furono di frequente colpiti dalle nostre artiglierie; e così per esempio Roncone delle sue 136 case ne ebbe 10 rase al suolo e 54 fortemente danneggiate. Molte case rovinate ebbe Breguzzo (abitanti 585, case 69), e qualcuna anche Bondo (abitanti 486, case 63), ove era un Comando austriaco. Sotto la direzione di un frate cappellano militare austriaco fu qui eretto un grandioso e goffo monumento tutto in granito, con ampie gradinate e colla scritta Das Vaterland seinen Helden (la patria ai suoi eroi). Presso esso è il cimitero dei caduti, con molte tombe, fra le quali quella di un aviatore italiano. Si dice che il frate sia riuscito ad innalzare tale monumento (abbellito dall’aquila imperiale, e delle sigle F. J. I. -Francesco Giuseppe Primo) facendo da aguzzino ai soldati, i quali nella ritirata lo avrebbero ucciso (NdR: a dire il vero Pater Fabian Barcatta non volle separarsi dai suoi soldati e condivise con loro il destino di prigioniero italiano in Albania…)
Valle del Chiese
A nord di Condino la valle è chiusa dai cinque forti noti col nome comune di Lardaro (Corno, Cariola, Danzolino, Revegler
e Larino), che impedirono l’avanzata dei nostri. Avvenne così che tutti i paesi della conca di Condino si trovarono per più di tre anni sotto il tiro delle opposte artiglierie, e subirono perciò danni notevolissifni; a prova di che bastino i seguenti cenni su alcuni di quei paesi:
Daone: abitanti e case prima della guerra: 660 e 174; case rase al suolo 145, avariate 15, abitabili 14
Cimego: abitanti e case prima della guerra: 759 e 136; case rase al suolo 95, avariate 35, abitabili 6
Praso: abitanti e case prima della guerra: 491 e 105; case rase al suolo 83, avariate 19, abitabili 3
Strada: abitanti e case prima della guerra: 296 e 67; case rase al suolo 12, avariate 26, abitabili 30
Prezzo: abitanti e case prima della guerra: 442 e 84; case rase al suolo 68, avariate 16, abitabili –
Cologna: abitanti e case prima della guerra: 491 e 52; case rase al suolo 48, avariate 4, abitabili –
Bersone: abitanti e case prima della guerra: 327 e 91; case rase al suolo 40, avariate 5, abitabili 46
Por: abitanti e case prima della guerra: 298 e 50; case rase al suolo 46, avariate -, abitabili 4
Gravissimi danni ebbero pure a soffrire Lardaro, Agrone, Creto, Castello, Brione e Condino; questi due per saccheggio sino dal 1915, gli altri per bombardamento ed incendi dal 1917 al 1918. Gli abitanti di Bricme e Condino erano stati trasportati nel Regno; quelli degli altri paesi internati in Austria.
Valle di Ledro
La valle, ancora vibrante di ricordi garibaldini del 1866, fu fatta evacuare fino dal 23 maggio 1915, ed i suoi abitanti furono trasportati in Boemia e Moravia. Ora sono tornati quasi tutti (e si trovano agglomeratissimi nelle poche case abitabili e nelle poche baracche). Dei paesi della valle, Tiarno di sopra ha 50 case (fra le quali la casa Sforza, ove Garibaldi ebbe il suo quartier generale) fortemente danneggiate, 10 riattabili, il resto abitate; Tiarno di sotto ha 88 case fortemente danneggiate, 17 riattabili, le altre abitate; a Bezzecca ancora fiancheggiata dalle nostre trincee e reticolati, il palazzo Cis è intatto, ed ora abitato dai profughi, la “Piazza obbedisco” è tutta una rovina, e varie case sono rovinate anche di fronte alla chiesa; Pieve di Ledro ha circa 15 case abbattute od incendiate, in alto del paese; rovinato è anche l’Albergo Alpino; ma fu (come il resto della valle) più saccheggiato che devastato; Lenzumo fu distrutto da un incendio; Enguiso e Locca ebbero forti danni; gravi danni ebbe pure Biacesa, ora in gran parte restaurata e danni minori ebbero Mezzolago, Molùza, Legos e Prè, e tutti danni causati più dal saccheggio che dalle artiglierie. In generale però in tutta la valle (che sente l’influsso dell’energia lombarda), si vede rifluire la vita, e si sentono zampillar le fontane, cantar qualche gallina, belar qualche capretta, e la gente vi è meno oppressa e intontita che in altre valli, quali, per esempio, le devastatissime Vallarsa e Valsugana.
Bassa Lagarina
Sino dal 27 maggio 1915, le nostre truppe occupavano Ala, che in seguito riportò relativamente pochi danni, sebbene di frequente visitata dalle granate austriache dei più grossi calibri; il 4 giugno si occupava Serravalle; il 13 novembre, Marco; e così procedendo sempre più verso nord, le nostre truppe riuscirono a spingersi sino a Castel Dante, a poco più di un chilometro da Rovereto. Durante la grande offensiva austriaca del maggio-giugno 1916, le nostre truppe furono costrette a ritirarsi, abbandonando Lizzanella, Lizzana, Marco e Zugna Torta, ma sostenendosi però gagliardamente sulla linea Serravalle-Coni Zugna e Passo Buole. Così avvenne che i paesi predetti furono presi e ripresi, e vennero alternativamente a trovarsi fra l’una e l’altra linea, e sotto i tiri delle opposte artiglierie (…)
Marco è forse il paese più crudelmente e profondamente colpito di tutto il Trentino. Molte case sono così rase al suolo che non ne resta traccia; le altre sono ridotte ad ammassi di mura cadute o cadenti, tanto che si dovrà abbattere tutto il paese per ricostruirlo, pare, più a monte. La chiesa è scoperchiata, sfiancata, e piena di un miscuglio di pietre, di ferro, di vetri, di frammenti di statue e resti di stucchi e dorature; ed il campanile in cento parti ferito e schiaffeggiato. Nella campagna, tutta sconvolta da buchi di granate, non c’è più una vite, non un gelso! La popolazione fu fatta evacuare sino dal 23 maggio 1915, e trascinata a patir la fame in Boemia e .Moravia. I reduci dall’internamento (già più di 800) alloggiano nelle baracche costruite sulla spianata a sera del paese. Nella baracca al N. 20 è la cancelleria comunale; in quella al N. 37 la rivendita di giornali affidata ad un mutilato (Marco ebbe 46 morti, 30 mutilati, 14 dispersi); in quella al N. 65 la scuola, con 135 scolari, divisi in tre sezioni. Molti dei reduci si costruirono le baracche da sè, a monte del paese, con tavole levate dalle baracche della Zugna, ove si trovarono anche stufe e fornelli. Anche qui si lamenta la grande mancanza di vesti, biancheria, stoviglie.
Rovereto, la seconda città dei Trentino per numero di abitanti, ma la prima per tradizioni di coltura e per importanza industriale, non soltanto ebbe danni immensi dalla guerra, ma fu anche completamente paralizzata in quello che era la vita sua vera: l’industria … Tutto ciò dava alla città una vita ed un’agiatezza veramente straordinarie; e vita ordinatissima, perchè i roveretani sapevano attivamente lavorare e decorosamente divertirsi, e per mantenere la pubblica sicurezza bastavano due o tre guardie municipali; ed il patriottismo vivo, vigile ed indomabile. Venne la guerra; l’intera popolazione fu fatta sgombrare (per nove decimi il 25 maggio, per il resto il 5 agosto, tranne l’ospedale partito il 9), e la città restò in piena balia degli Austriaci; e cominciò allora il saccheggio ordinato, sistematico, sapiente. E quanqo i cittadini, nella immensa gioia della liberazione, poterono ritornare, trovarono tutti i quartieri, senza eccezione, spogliati anche dai
mobili più indispensabili: mancavano i letti, i sacconi, la biancheria, le stoviglie; le stanze e le cucine non avevano vetri, non maniglie alle porte, non serrature, non chiavistelli; asportate o rotte le stufe; strappate le condutture elettriche e del gas e rovinate persino quelle dell’acqua potabile; e da per tutto immondizia e luridume, col relativo esecrato odore dell’Austria, cadavere putrefatto. Nè si creda che tutta la roba rubata sia passata dì là dal Brennero! Durante la guerra vi furono contadini dei paesi vicini che strinsero amicizia e relazioni di affari coi vandali predoni; dopo la guerra si fece
un’inchiesta con relative ricerche; ed in qualche casa si trovarono centinaia di lenzuola e ricchi corredi di finissima biancheria, e pizzi e vestiti diversi da signora (…)
La rappresentanza cittadina trovò dopo il 3 novembre la già fiorente città; osò chiedere al Governo in prestito due milioni … e si vide arrivare 2000 lire; per pagare gli operai per i lavori più urgenti, dovette anticipare qualche centinaio di lire questo o quello dei rappresentanti comunali; sino a che da una Banca di Verona si poterono ottenere, colle firme dei rappresentanti stessi, L. 60.000. Si presentarono e reiterarono domande al Governo ed al Governatorato (che, pur troppo, non somo la stessa cosa) perchè venissero ufficialmente rilevati i danni cagionati alle singole industrie, e si anticipasse una percentuale sugli indennizzi, per riattivare almeno quelle industrie che occupano un grande numero di operai e non si ottenne risposta; e gli industriali, completamente rovinati, si sentirono rispondere che ci vuole pazienza, buona volontà e aiutarsi da sè !
Ottone Brentari, nato a Strigno nel 1852, geografo e storico, insegnante e giornalista fu un fervente irredentista; pare però che dopo la “redenzione” sia stato colpito da un tardivo quanto ormai inutile “semi-pentimento“.
Dopo aver dedicato la nostra rubrica mensile al suo scritto “L’allegra agonia del Trentino”, proponiamo ora alcuni estratti da “Le rovine della guerra” , un’articolata relazione redatta nella primavera del 1919, dopo aver ispezionato in lungo e in largo la zona del fronte e completato l’inchiesta affidatagli dalla Lega Nazionale.
Riteniamo sia una lettura davvero istruttiva e illuminante… chi volesse leggere la pubblicazione in forma intregrale, può trovarla in diverse biblioteche della provincia; trattandosi di un libro ‘antico’, solitamente non è possibile averlo in prestito, ma solo consultarlo sul posto.

Neueste Meldungen
