Un libro al mese: Le rovine della guerra 3°

Accentramento paralizzatore e burocrazia
Come s’è detto, i Comuni trentini erano autonomi, e non dipendevano che dalla Giunta provinciale. Arrivata l’Italia sino al Brennero, la Provincia rimase acefala; e se si incaricò una degnissima persona, il dott. Enrico Conci (già vice-capitano provinciale) di sostituire la Giunta, questa non fu ricostituita. C’è bensì la Consulta, composta di 11 fiduciari, dei varì partiti (6 cattolici, 3 liberali, 1 socialista, I agrario), che si raduna ogni sabato ed emette dei bellissimi voti, ma il Governo non riconosce la Consulta, e non ne chiede il parere … (si potrà fare di più solo) dopo che il Paese sarà libero dalle due dolorosissime piaghe che lo tormentano: la mania dell’accentramento e la burocrazia.
Il Comando Supremo, dimenticando completamente che i Comuni del Trentino sono autonomi, e che soltanto con una legge (che speriamo non verrà mai) potrebbero eventualmeute venire privati dei loro diritti, nello scorso dicembre emanava un’ordinanza… per sottoporre le amministrazioni locali dei territori occupati al controllo del detto Segretariato; ordinanza assurda che sollevò le generali giuste proteste.
Peggio avvenne in un’altra occasione. Un pubblico bando del Governatorato, imposto dall’alto, chiamava a presentarsi al distretto tutti i soldati di leva del Trentino e dell’Alto Adige; altra disposizione che, per cento ragioni, era un assurdo. Contro di essa insorsero i deputati della Regione, e ottennero che fosse sospesa; e Io fu con una striscia attraverso i manifesti che la ordinava. E che si disse allora? Si disse che ciò era stato fatto … per ordine della Croce Rossa Americana, che girava in quei giorni nel paese; ed anche questa circostanza contribuì a sminuire il prestigio dell’Italia nel Trentino, ed ancor più nell’Alto Adige.
Ed a diminuirla ancora dì più venne la burocrazia con i suoi ingranaggi, le sue lungaggini, il suo mandare da Erode a Pilato, i suoi ostinati silenzi. Il Governo austriaco ai Comuni ed ai privati rispondeva sì o no, e più di frequenfe no che sì; ma rispondeva; chi aveva bisogno di chiedere qualche cosa al Governo, sapeva sempre a quale porta doveva andar a picchiare; ma ora non è più così.
Per questi ed altri motivi la popolazione, che aveva salutata col massimo entusiasmo l’Italia che era venuta a liberarla e sfamarla, di fronte a tutte codeste chiacchiere e carte senza conclusione, si giudica abbandonata dal Governo, che ha fatto e fa troppo poco per far risorgere o migliorare le condizioni economiche del paese.
Varie condizioni morali
Nel Trentino è ritornata quasi tutta la popolazione di prima, ma sono ben lungi dall’essere ritornate le condizioni di prima (…)
Dei 60.000 trentini chiamati sotto le armi nell’esercito austriaco, più di 20.000 furono falciati sui campi della Polonia sino dal principio della guerra, o morirono di stento o di esaurimento nelle trincee o di fame negli ospedali militari; e gli altri, se ancora non vagano nella Russia, nella Siberia o nella Cina, sono tornati magri, macilenti, demoralizzati, disorientati, e molti non sono ancora riusciti a strapparsi di dosso l’odiata divisa austriaca, perchè nessuno offre ad essi un vestito borghese per sostituirla. Si dice che fra essi serpeggi del bolscevismo; e sarebbe da meravigliarsi se non fosse così.
I profughi che vengono dal Regno, forniti di brande e di coperte, e memori dei benefici trovati tra i fratelli, si vedono pas sare sui camions, o sulle carrette militari, od a piedi coi fagotti sulle spalle, e dirigersi ai loro paesi, ove trovano condizioni così inferiori a quelle abbandonate di recente; ed a frotte ritornano, dopo essersi soffermati nelle provvide colonie, anche gli internati ed i profughi rimandati dall’Austria, dopo tre anni di stenti e di fame e di maltrattamenti; e gli uni e gli altri spinti dallo spasimo della nostalgia di rivedere i monti fra i quali sono nati (…)
Viene poi la grossa categoria di quelli rimasti a casa anche durante la guerra; e fra essi non mancano coloro che il 2 novembre 1918 erano andati a dormire colla camicia gialla e nera, e si svegliarono la mattina seguente colla camicia rossa (magari fregiata della medaglia commemorativa di Cesase Battisti), i quali si affrettano a dichiarare che come sono stati fedeli sudditi austriaci sapranno essere anche buoni cittadini italiani, e cominciano intanto col fregiarsi della coccarda tricolore, magari nascondendo sotto di essa le decorazioni austriache.
Con faccia franca, e come fosse la cosa più naturale del mondo, restarono o tornarono anche alcuni austriacanti, sfegatati e sfrontati, e persino ex-ufficiali volontari corsi a combattere contro di noi sul Piave, e persino vecchi ed odiati arnesi di polizia, magari riassunti, con assoluta mancanza di senso di opportunità, in servizio dal nostro Governo.
Ma ritornarono anche i generosi giovani trentini che furono volontari di guerra dell’esercito italiano; e di. essi ritornarono quanti non lasciarono la vita sul campo o sulla forca o sul letto di un ospedale; ritornarono pieni di entusiasmo e di sacre memorie, ed insofferenti di certi spettacoli intollerabili. Essi pròtestarono contro le troppo rapide trasformazioni e contro troppo provocanti riabilitazioni; e davanti a riapparizioni troppo urtanti di ex ufficiali austriaci, di ex-ufficiali germanici, di ex-spie e di ex-poliziotti, che credevanodi potere da un giorno all’altro rifarsi la verginità, reagirono … e non soltanto con parole. Qualcuno trova che essi hanno esagerato e fatto male; ma senza un po’ di lievito non si fa pane; e si ricordi che, come avvenne in Africa, anche nel Trentino, e specialmente nell’Alto Adige, certe accondiscendenze e tolleranze del Governo sono considerate come segni di incertezza, debolezza, paura.
Ottone Brentari, nato a Strigno nel 1852, geografo e storico, insegnante e giornalista fu un fervente irredentista; pare però che dopo la “redenzione” sia stato colpito da un tardivo quanto ormai inutile “semi-pentimento“.
Dopo aver dedicato la nostra rubrica mensile al suo scritto “L’allegra agonia del Trentino”, proponiamo ora alcuni estratti da “Le rovine della guerra” , un’articolata relazione redatta nella primavera del 1919, dopo aver ispezionato in lungo e in largo la zona del fronte e completato l’inchiesta affidatagli dalla Lega Nazionale.
Riteniamo sia una lettura davvero istruttiva e illuminante… chi volesse leggere la pubblicazione in forma intregrale, può trovarla in diverse biblioteche della provincia; trattandosi di un libro ‘antico’, solitamente non è possibile averlo in prestito, ma solo consultarlo sul posto.
