L’altro “Trentino” (21)
Per quanto riguarda gli insediamenti di colini tedeschi in tutta la provincia di Trento con particolare rilevanza in alcune località, non è propriamente corretto né sostenibile parlare semplicemente di “isole”: dagli insediamenti tedeschi nella Fleimstal (val di Fiemme), che si collegano al “retroterra” sudtirolese alla Zimmertal (Val Cembra), alla Valle di Piné non c’era soluzione di continuità: Fersental (Val Fersina) – Gallnötsch, (Caldonazzo) – Lafraun (Lavarone) – Sankt Sebastian – Vielgereuth (Folgaria) – Laim (Terragnolo) – Trumbeleis (Trambileno) – Brandtal (Vallarsa) – Rauttal (Valle dei Ronchi) – Lessinia (Tredici Comuni); oppure a Rikobär/Recoaro, anch’esso cimbro e la cui regione collegava i Tredici Comuni veronesi con i Sieben Gemeinden (Sette Comuni vicentini); Lafraun/Lavarone, verso oriente, si collegava a Lusern/Luserna e da qui, di nuovo, si passava ai Sieben Gemeinden/Sette Comuni; da Gallnötsch/Caldonazzo, la “presenza” tedesca, sulla sinistra del Brenta, arrivava sino a lambire Wurgen/Borgo Valsugana.
Obiettivamente, dunque, non si può parlare di “colonie” tra loro separate, ma di un’area alto montana relativamente compatta e, comunque, comunicante. Il documento del 1216, con cui il Vescovo di Trento concede venti masi in Vielgereuth/Folgaria a Enrico e Odorico di Bozen, comprova “che il vescovo chiamò dei signori tedeschi perché fossero della stessa schiatta delle limitrofe popolazioni, e i coloni da loro portati vi si stabilirono ben volentieri, perché doveva parer loro di non trovarsi quivi in terra straniera”, come sostiene A. Galanti (non certo sospettabile di pangermanesimo, visto che afferma vergognosamente: “I tedeschi si lagnano del perenne avvantaggiarsi e progredire dell’elemento italiano nel Tirolo tedesco. E se ne lagnino pure, noi Italiani non possiamo che rallegrarcene nella speranza che col tempo la nostra lingua progredisca acquistando in tutti i distretti tedeschi e slavi di qua delle Alpi fino al Brennero e alle vette nevose delle Giulie…”. Una considerazione che denota la scarsa conoscenza storica del territorio e una prosopopea tipica di certa italianità arrogante ed invadente.
Neppure è sostenibile che i canòpi di ceppo bavarese, venuti nel secolo XIII da Bozen in Vielgereuth/Folgaria, “di là passarono verso la metà del secolo stesso, nel Vicentino dove, prima del cadere del secolo, giunsero nel Veronese, e vi si fermarono con sedi stabili”.
Del resto, il Galanti dovendo cedere a logiche storiche è costretto ad ammettere: come avrebbe potuto formarsi, nel secolo XIV e forse prima, la leggenda dei “Cimbri” vinti da Mario, se fosse vero che la venuta dei tedeschi nel territorio vicentino risaliva soltanto al secolo precedente? Si sarebbe perduta la memoria della loro provenienza in men d’un secolo? Ovvio, dunque, che la presenza delle popolazioni celtiche prima e cimbre successivamente risalgono a molto prima (continua)