Un libro al mese: L’allegra agonia del Trentino
"... povera regione liberata e massacrata..."
Dai primi mesi dello scorso anno sino ad oggi ho per corsa e ripercorsa più volte la zona devastata, la zona nera del Trentino, la povera regione liberata e massacrata. Lasciai passare le prime settimane dedicate da altri alle visite di complimento, ai brindisi, ai discorsi, alle bandiere; lasciai da parte le località apparentemente meno toccate dalla guerra, e dedicai le mie giornate e le mie deboli forze alla zona più crudelmente e visibilmente colpita (…) Qualchecosa si ottenne, ; il Governo diede molte buone parole e lastricò l’inferno del Trentino con una ben nutrita serie di buone intenzioni; ma, tutto sommato e calcolato, nè il paese nè il Governo hanno ancora fatto per il Trentino quanto il Trentino, dopo un secolo di fervido patriottismo, dopo un quadriennio di dolori e di desolazioni, aveva diritto di attendersi
(…)
No! L’Italia non ha ancora la coscienza delle triste con dizioni di quelle vallate. Lo so, lo so; troppe preoccupazioni hanno sviata l’attenzione della nazione, popolo e Governo, da questo piccolo angolo così poco e così male conosciuto. Come può restare il tempo per occuparsi del Trentino, quando siamo turbati dall’angosciosa odissea di Fiume, e dalle amarezze dell’amarissimo Adriatico, e dalle rinnovantesi delizie di “Tripoli bel suol d’amore“, e dalle prove d’affetto dei nostri amici albanesi, e dagli appetiti croati, e dagli scioperi che sembrano una pistola a ripetizione, e dagli ostruzionismi così patriotticamente ingegnosi, e dal carissimo viveri, e dalle elezioni politiche, e dallo spettacolo offerto da una Camera che è nata male e che vive peggio, e dalle crisi ministeriali che lasciano nella stabile provvisorietà anche l’ente Governo? E chi può nascondere la delusione, lo sconforto, lo sdegno che tutti nutriamo in cuore contro quel tristo testardo che è il falso messia americano, nostro rovinoso associato, e contro la maniera sleale ed indegna con cui ci hanno trattati i nostri alleati, per la cui salvezza noi abbiamo sacrificato tesori e vite, mentre qualcuno di essi non ha ancora trovato il tempo di ratificare la nostra pace coli’ Austria, firmata sino dal 10 settembre 1919 a Saint-Germain-en-Laye? In grazia di questa fredda e calcolata cattiveria, che fa il paio coi favori prodi gati agli Jugoslavi, l‘Italia non ha ancora potuto decretare l’annessione dei suoi territori, che le furono conquistati dal suo secolare diritto e dal sangue dei suoi figli, ed il Trentino non ha potuto ancora avere quelle elezioni politiche che devono affidare ai suoi legittimi rappresentanti la difesa delle sue sorti. Così tutto resta campato in aria, e si offre alla burocrazia (sempre felice quando può ritardare, rimandare, soprassedere, non fare) una ragione od un pretesto per lasciar tutto nell’incerto, nell’impreciso, nel provvisorio, e non concludere nulla di nulla!
(…)
Sperperi!
Ma si può proprio dire che non s1 sia fatto nulla? No; è fatto, rifatto, disfatto molto … Si sperperarono milioni su milioni, facendo costar cento quanto vale dieci, senza un piano organico, senza un concetto direttivo, senza una coscienza serena, facendo molte volte ciò che dovrà venir disfatto e rifatto, e lasciando ancora, dopo due inverni, dopo diecinove mesi dall’armistizio, migliaia e migliaia di persone a languire nelle baracche, negli avvolti, nelle stalle.
Un numero infinitamente più grande dì milioni si dispersero da quelle che ufficialmente si chiamavano Commissioni ricuperi, ma che tutti nel Trentino chiama vano e chiamano, e giustamente, Commissioni sperperi …  Il Nuovo Trentino  in un articolo del 13 marzo 1920, fra altro scriveva: « Il modo col quale si procedette a tale operazione di rìcupero dei materiali da costruzione e macchinari, che rappresentavano una enorme massa svariatissima d’ogni genere immaginabile di oggetti, fu il più irrazionale che la mente  del militare avesse potuto escogitare. E se l’opera di ricupero fu irrazionale, quella per la vendita dei materiali residuati dalla guerra fu una bestialità ; un altro termine più  adatto non lo si può trovare. Incominciando dalla primavera scorsa, centinaia e centinaia di vagoni di materiali preziosi  per le ricostruzioni dei paesi distrutti dalla guerra vennero trasportati al di là del vecchio confine, e venduti a speculatori privati dai quali ora, in un tempo non lontano, lo Stato sotto altra forma dovrà magari riacquistarli a caro prezzo ».
In seguito alle proteste sorte da ogni parte del paese, ed alle insistenze del Consorzio dei Comuni, un decreto della Commissione superiore centrale di Roma metteva a disposizione di S. E. l’alto Commissario per la Venezia Tridentina i materiali da costruzione esistenti nella regione; ma purtroppo il buono ed il più se ne era già fuggito, ed era stato disseminato in tutta Italia, e persino nella Sicilia. Ma che forse si potè salvare il cattivo ed il poco? Neppure per sogno!
Con cento qualità di fermi, uno più misterioso dell’altro, autorità civili e militari di tutte le provincie del regno, enti, consorzi, imprenditori, pescicani e pescigatti, si presentarono coi loro bravi contratti d’acquisto, minacciando persino di ricorrere ai tribunali; e così sparirono i materiali di ricostruzione, ed i macchinari, proprietà sacrosanta degli industriali trentini, che erano stati requisiti dall’Austria, rirequisiti dall’Italia, e venduti agli speculatori quassù corsi come le iene sui cimiteri.
Si giunse sino a portar via e vendere gli apparati telefonici e telegrafici che formavano la dotazione degli uffici pubblici del Trentino, servizi che furono ridotti in quelle belle condizioni che tutti sappiamo, congestionando i servizi colla pletora del personale. Tale pletora disastrosa si lamenta in tutti i servizi. In una borgata del Trentino sino al 1914 c’erano due gendarmi; in quell’anno pericoloso furono portati a tre; ora vi sono diecisette carabinieri (dei quali tre a cavallo) comandati da un ufficiale; ed i servizi non vanno meglio di prima!
“Onorevole Signore, mi prendo la libertà di inviarle in omaggio un mio opuscolo sulle tristi condizioni del Trentino e Le sarò molto grato se avrà la cortesia di prestargli la di Lei attenzione e di interessarsi di questa povera regione troppo dimenticata“
Così scriveva Ottone Brentari, nell’inviare a destra e a manca il testo della sua “conferenza tenuta a Milano il 12 giugno 1920 per iniziativa della Lega Nazionale Italiana”. Finita la conferenza, che destò molta impressione e fu vivamente applaudita, venne approvato un ordine del giorno che, fra l’altro, chiedeva che il governo italiano “uscendo da un’inerzia che dura da quasi venti mesi dal giorno dell’auspicata redeneione, affretti il decreto d’annessione” e renda quindi possibile in tempi brevi “una legge che ripari tante rovine palesi e nascoste, e renda possibile la rapida resurrezione del Trentino redento.”
Il testo della conferenza di Brentari è oltremodo “illuminante”: vale la pena leggerlo, per capire quello che i nostri nonni e bisnonni dovettero affrontare, una volta “redenti e riuniti all’Italia“.
L’opuscolo è disponibile in poche biblioteche del territorio provinciale (Ala, Arco, Comano, e in diverse sedi a Trento e Rovereto), solo per consultazione e non in prestito. Il testo è però reperibile online.