von mas 22.12.2024 11:45 Uhr

Appena dietro l’angolo: Morire a Natale

Janko Saftič, (1895-1919) Katinin di Jelšane, vicino a Ilirska Bistrica, fu certamente il primo ribelle e la prima vittima dopo l’occupazione italiana della Primorska/Litorale.

Immagine: Zločini Italijanov nad Slovenci
Dimitrij Grlj, musicista e preside in pensione della scuola elementare di Ilirska Bistrica, racconta di lui:
“Subito dopo l’arrivo dell’esercito italiano nella nostra regione, nel novembre 1918, le autorità militari italiane iniziarono a imprigionare i ragazzi che erano tornati dall’esercito austro-ungarico. La nostra gente crede che questo sia stato fatto per mostrare il maggior numero possibile di prigionieri. I ragazzi di Jelšane si opposero. Tra di loro, Janko Saftič fu un ribelle di particolare spicco che rifiutò di essere catturato e rispose alle violenze che i soldati e i carabinieri italiani infliggevano ai nostri ragazzi con proteste e discorsi indignati
Fuggì e costruì un bunker nascosto a “Mrzljah” sopra Brdo dove visse per più di un anno. La sorella Angela, suo fratello e altri abitanti del villaggio gli portavano il cibo. La sera veniva al villaggio. Era popolare tra gli abitanti del villaggio e piaceva a tutti (…)
Lo cercarono ovunque, in gruppi di tre soldati e due carabinieri. Ma non riuscirono a prenderlo vivo. Era armato con una pistola e un fucile da caccia. Per tutto il tempo ha vissuto, per così dire, sottoterra. Quel fatidico giorno, la vigilia di Natale, era di buon umore e si recò nei pressi della pompa dell’acqua presso il ponte di Dolenje dove Josip Štemberger, allora sindaco comunale, stava pompando l’acqua per il villaggio, ed entrò nella sala macchine. Štemberger lo avvertì di stare attento, perché quella sera era particolarmente ricercato in paese. Gli disse di nascondersi al sicuro. Saftic, che era evidentemente di buon umore, non lo ascoltò e disse che dovevano solo farsi vedere e che lui li avrebbe fatto vedere di cosa era capace.

Ben presto si sentì parlare fuori nell’oscurità. Saftič prese la pistola e il fucile e puntò l’arma verso le voci. In seguito scoprirono che si trattava di un gruppo di cinque carabinieri con a capo il comandante. Iniziarono a spararsi addosso. Altri soldati del villaggio accorsero in aiuto degli italiani. Infine, i carabinieri e i soldati arrivarono alla sala macchine. Arrivarono anche due figli del mugnaio del vicino. I bambini piangevano perché erano spaventati a morte.

All’inizio volevano sparare a Stemberger, ma lo portarono via e lo trattennero per qualche giorno. Non lontano dall’acquedotto, gli fu mostrato il “bandito” Saftic ucciso. Non si sa quante vittime ci furono da parte italiana, ma è certo che ci furono.

La violenza e le vessazioni della popolazione si intensificarono dopo questo evento. E l’odio della popolazione verso i nuovi occupanti”.

La storia comune del Tirolo e del Litorale (unite “non solo”  dal fantomatico ponte fra Trento e Trieste)  continua anche dopo l’annessione al Regno d’Italia, come possiamo leggere  in questa vicenda.   Ringraziamo  Roberto Todero e Massimo Medeot per la segnalazione

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