Padre Patton: non mettiamo in competizione la sofferenza
“La sofferenza degli israeliani non può essere messa in competizione con la sofferenza dei palestinesi. Non c’è una gara a quale dolore ha più valore”. Restano impresse le parole di fra Francesco Patton, trentino di Vigo Meano, Custode di Terra Santa dal 2016, davanti al pubblico trentino riunito in Sala Cooperazione per la presentazione del libro-intervista scritto in coppia con lo “storico” inviato dell’Osservatore Romano Roberto Cetera (“Lui – sussurra il giornalista – non voleva, è stato difficile convincerlo”) dal titolo “Come un pellegrinaggio. I miei giorni in Terra Santa” (Terra Santa Edizioni).
“L’atteggiamento con il quale sono andato in Terra Santa – racconta fra Francesco, semplificando con umiltà quel ruolo che papa Francesco nella prefazione descrive invece in tutta la sua complessità – è quello del pellegrino. Sono stato pellegrino in Terra Santa due volte, prima di andarci da Custode. Ho cercato quindi di approfittare di questo tempo che mi veniva dato, per fare un pellegrinaggio un po’ più tranquillo… A Natale avrò la grazia di celebrare la Messa di mezzanotte davanti alla mangiatoia a Betlemme, e così per tutte le feste durante l’anno… questo è un dono grande: per noi non è un luogo semplicemente di lavoro e servizio ma la terra che ci riporta alla vita di Gesù in maniera molto concreta”.
Ad esprimere un “grande grazie” a padre Francesco è, in apertura di serata, poco dopo l’esibizione del coro Novo Spiritu di Cembra, l’arcivescovo Lauro “perché in questi anni – spiega – egli ci ha aiutato a voler bene alla Terra Santa. Lo abbiamo visto diventare palestinese, israeliano, identificarsi con questa terra di cui è Custode”.
“L’aggettivo ‘santo’ – aggiunge Tisi – per noi è sinonimo di ‘pulito’, ‘perfetto’, ‘senza sbavature’. Mi piace invece dire che il sinonimo di santo è ‘amato’. La Terra Santa è terra amata. Amata da un Dio che vi si è fatto storia, carne, concretezza, un Dio ancora tutto da scoprire: amore senza fondo, amore che abbraccia il nemico”.
“Nel prologo del suo Vangelo – argomenta ancora don Lauro – Giovanni dice: veniva nel mondo la Luce vera, ma gli uomini non l’hanno accolta. Ma a quanti l’hanno accolta ha dato il potere di diventare figli di Dio. Quel prologo continua ad avversarsi in quella Terra, in chi non lo accoglie, ma soprattutto in quel Regno che non si vede e che ogni giorno si alza sul cielo di Aleppo, di Gerusalemme, di Damasco, Gaza… Quel Regno che ha il volto concreto di uomini e donne che, come il Figlio di Dio, rinunciano a odiare, pongono segni di incontro, si fanno soccorso, tenerezza e compassione. Questo mi fa dire che quella è Terra Santa”.