L’altro “Trentino” (14)
Nella Lagertal (Val Lagarina), e cioè nella Etschtal (Val d’Adige) a sud di Trento, nel tratto prima di Rofreit o Rovereid (Rovereto), si parlava tedesco a Tschimun o Hochleiten (Cimòne) e Garnich (Garniga), frazioni di Aldein (Aldeno) sulla sponda destra, e a Knappelei (Scanuppia) e valle del rio Secco, nel comune di Bisein (Besenello) sulla sponda sinistra, dove gli abitanti si recavano a morose e a filò (alla veglia) nei masi tedeschi di Vielgreut (Folgaria). Le Valli confluenti da Sud a Norej (Noriglio) di Rofreit (Rovereto) sono costituite dal Leno di Brandtal (Vallarsa) e dal Leno di Leimtal (Terragnolo). La Brandtal fu colonizzata invece verso la fine del secolo XI da roncadori tedeschi che abbatterono i boschi per trarvi terra da coltivare e stabilirono nelle radure così ottenute i masi da cui ebbero origine gli attuali insediamenti abitativi.
L’elemento tedesco finì con l’essere assorbito da quello romanzo circostante, divenuto maggioritario; l’antico dialetto tedesco, detto anche in senso ironico ma non dispregiativo dai Trentini romanzi “slambròt”, è ora completamente scomparso ed ha lasciato posto ad un dialetto trentino con sovrapposizione veneto-trentina. Il ricordo dell’etnia estinta è presente nei toponimi più o meno trasparentemente italianizzati (ad es. Langeber/Anghèberi, Rautsch/Raossi, Oberau/Obra, Platz-tal/Val di piazza, Aspach/Alburedo, ecc.) e nel folklore.
Tra le leggende era particolarmente vivo il ciclo della “caccia selvaggia” di chiara reminiscenza nordica come già ricordato nell’articolo della scorsa settimana. Si conosce la descrizione del costume dei Vallarseri alla fine del ’700, simile a quello degli abitanti della Sarnatal presso Bozen: “Portavano una giacca di color rosso scarlatto sovra un panciotto del medesimo colore, un colletto dritto ed un collare; pantaloni corti di cuoio sorretti mediante una fascia di seta o di pelle, entro la quale mettevano il coltello o la pistola. Completava l’abbigliamento un cappello bianco e nero a larghe tese ed un paio di calze che, a quanto pare, erano verdi od azzurre”.
Un ricordo curioso: verso il 1890 emigrarono nella Croazia austriaca per lavori stradali regionali due fratelli di Obra/Oberau, Ferdinando e Giuseppe Broz. Nel 1891 ritornò il primo, raccontando che Giuseppe aveva sposato una croata di Kumrovec presso Agram dalla quale, dopo la sua morte, aveva avuto un figlio battezzato Giuseppe. Secondo alcuni si tratterebbe di Joseip Broz, universalmente conosciuto col nome di battaglia partigiano: Tito, fondatore della repubblica jugoslava.