Doss di Pigui, testimonianzia dell’antica civiltà ladina
Il castelliere, risalente alla seconda età del ferro (circa 1.000 anni a.C.), fu abitato stabilmente per secoli, rappresentando un centro vitale e articolato che smentisce l’idea che le valli ladine fossero territori isolati e vergini. Il sito, caratterizzato da un perimetro di pietra nascosto per secoli sotto la vegetazione e l’argilla, venne riportato alla luce nell’estate del 1979, con il rinvenimento di cinque focolari, terrazze di imponenti dimensioni, e due macine di pietra – una in granito e una in porfido, materiali importati da popolazioni esterne alla Val di Fassa. Sono emersi inoltre reperti in ceramica e terracotta, come scodelle e piatti decorati, che testimoniano l’esistenza di botteghe di produzione e una fiorente attività artigianale.
Questi reperti, custoditi presso il Museo Ladino di Fassa, confermano che già in epoca remota la valle era attraversata da una rete stabile di vie di comunicazione, smentendo la visione di un territorio isolato. Il castelliere di Doss di Pigui è inoltre considerato uno dei principali insediamenti dei Reti, popolazione vissuta in Val di Fassa nel V secolo a.C. È proprio dall’incontro tra la cultura dei Reti e quella romana che ha avuto origine la lingua ladina.
Grazie alla deliberazione della Giunta, la Regione finanzierà l’80% della spesa ammessa (pari a 106.659 euro) per la valorizzazione del sito, considerato un simbolo della memoria storica e culturale delle valli ladine.
“Il Doss di Pigui rappresenta un tassello fondamentale della nostra storia – ha ricordato Guglielmi – con questo progetto di valorizzazione non solo preserviamo un luogo di grande importanza archeologica, ma rafforziamo il legame delle comunità locali con le proprie radici e promuoviamo il dialogo interculturale. È la testimonianza di una civiltà aperta, connessa e ricca di cultura, che ha molto da insegnare anche oggi.”
Le prime intuizioni sull’antichità delle valli ladine furono avanzate dall’antropologo Karl Felix Wolf, il quale ipotizzò che queste terre fossero colonizzate fin dall’età del ferro. Le sue teorie furono confermate negli anni ’60 grazie agli scavi guidati prima dal sacerdote Frumezio Ghetta e dopo dall’Istituto Culturale Ladino di Vigo.
Con questo intervento, la Regione ribadisce il proprio impegno nella tutela delle minoranze linguistiche e culturali, continuando a sostenere progetti che rafforzano l’identità storica del territorio e la consapevolezza delle sue antiche radici.