No alla diga sul Vanoi
Sette ragioni per dire no alla diga sul torrente Vanoi. Sono le argomentazioni che la Giunta provinciale di Trento ha riassunto nelle osservazioni formulate nell’ambito del dibattito pubblico in corso sul progetto. Un documento inviato al Consorzio di bonifica Brenta, condiviso anche con la Regione Veneto e il ministero dell’agricoltura, sovranità alimentare e foreste. La parte principale delle motivazioni è quella della sicurezza. Ma le valutazioni toccano tutti gli aspetti, dalle competenze dell’Autonomia provinciale agli ulteriori ambiti geologici e idraulici, non ultimo i rischi per gli equilibri della fauna ittica.
“Con questo documento discusso e condiviso dalla Giunta provinciale di Trento ribadiamo le ragioni del no al progetto che sono piuttosto articolate e già peraltro evidenziate in altre posizioni ufficiali sull’argomento” commenta il presidente della Provincia Fugatti. “Per il Trentino – prosegue il presidente – è prima di tutto una questione di responsabilità, nei confronti del nostro territorio e di quelli vicini. Una conferma dell’attenzione all’ambiente e ai suoi equilibri sempre messa al primo posto da questa Amministrazione provinciale”.
La prima delle sette argomentazioni rispetto alla realizzazione di un nuovo serbatoio di ritenuta sul torrente Vanoi riguarda dunque le competenze della Provincia autonoma di Trento. Si toccano poi gli aspetti ambientali e gli aspetti geologici. In quest’ultima sezione vengono prospettati i rischi di stabilità dei versanti, evidenziati anche a seguito dei sopralluoghi in zona del Servizio Geologico che hanno consentito di valutare la presenza di frane, dissesti e potenziali crolli rocciosi nell’incisione valliva del torrente Vanoi.
Ci sono poi gli aspetti idraulici, quelli connessi con la disciplina normativa in materia di dighe, nonché gli aspetti inerenti all’utilizzazione di acque pubbliche.
Non ultimo l’argomentazione che mette al centro gli equilibri della fauna ittica. La Val Cortella, si riassume nelle osservazioni, verrebbe occupata da un bacino del volume di milioni di metri cubi, lungo circa quattro chilometri, quasi completamente svuotato a scopo irriguo ogni anno, che avrebbe effetti dannosi sul mantenimento delle specie di pesci, in particolare della trota marmorata, impedendo ai riproduttori di risalire per deporre le uova e quindi producendo nel tempo un indebolimento della produzione ittica naturale.