Mainardo II di Tirolo-Gorizia
La famiglia dei Gorizia è segnalata, dagli inizi del secolo XII sia nella zona del Tirolo orientale, sia nella regione dell’Isonzo. I Gorizia esercitano, dal 1125, l’avvocazia del patriarca di Aquileia. Per via dei loro possedimenti tra Lienz e Villach, nel secolo XII numerosi sono i rapporti tra loro e i conti di Tirolo. Mainardo III di Gorizia, (che poi sarà conosciuto come Mainardo I di Tirolo-Gorizia) sposò la figlia dell’ultimo conte di Tirolo, ereditando la parte meridionale dei loro possedimenti. Nel 1258, alla morte di Mainardo I, i possedimenti dei Tirolo-Gorizia vennero divisi tra i due figli, Mainardo II e Alberto I, avuti da Adelaide erede del Tirolo. Ad Alberto andarono i possedimenti in Istria, Friuli, Carinzia e in Pustertal, a Mainardo i possedimenti occidentali. La politica di Mainardo II perseguì quattro obiettivi principali: la riduzione del potere dei principi – vescovi di Brixen e di Trient, attraverso lo strumento dell’avvocazia, fino a renderli in tutto e per tutto dipendenti dai conti del Tirolo. Il superamento del regime feudale, sulla scorta dell’esempio dei Comuni dell’Italia settentrionale. Tale obiettivo venne perseguito tentando di indebolire in qualsiasi modo la nobiltà locale, sia favorendo l’attribuzione delle terre ai contadini per mezzo di un contratto d’affitto perpetuo a canone invariabile (Erbleihe), sia affidando incarichi amministrativi e giudiziari preferibilmente a persone non nobili.
Per rafforzare ulteriormente il proprio potere, istituì inoltre un apparato amministrativo unitario e centralizzato, con uffici e tribunali locali. È da leggere nella stessa ottica la politica economica di Mainardo, volta a sviluppare le rendite terziarie (zecca, dazi, urbario territoriale del 1288[2]) a discapito delle rendite fondiarie, che erano la base della ricchezza – e quindi della potenza – della nobiltà locale. L‘ampliamento del proprio territorio, soprattutto attraverso un’astuta politica matrimoniale, confische e l’assorbimento dei feudi che rimanevano senza eredi. L’emanazione, dal 1286 in poi, di un proprio Landrecht tirolese unitario in lingua tedesca, ovvero uno statuto territoriale, di cui ad oggi però si conserva solo un frammento.
Mainardo II, che aveva sposato Elisabetta di Baviera, vedova dell’imperatore Corrado IV e madre di Corradino, fu un principe di assoluto rilievo nel panorama europeo della seconda metà del secolo XIII. Durante il suo regno per la prima volta si impiega la denominazione “Tirolo” nel senso geografico di “regione comprendente parte del bacino dell’Inn e dell’Adige“, e per questo è considerato il fondatore del Tirolo. Usando a seconda dei casi l’astuzia o la forza, egli seppe approfittare della temporanea debolezza del potere imperiale.
Tra le iniziative di maggiore rilievo di Mainardo si segnala la decisione di potenziare l’attività della zecca, aperta dal padre attorno alla metà del secolo XIII a Meran, allora capitale del Tirolo. Tali monete, denominate i “grossi aquilini”, erano molto apprezzate nell’Italia settentrionale. I Tirolo-Gorizia, che potevano sì coniare monete, ma solo nella città di Lienz, usurpavano così un diritto che era dei Principi-Vescovi di Trento, i quali avrebbero dato il loro assenso solamente nel 1274.
Mainardo II diede inoltre impulso all’estrazione mineraria e rinnovò le miniere di sale di Hall. Argento e sale erano tra le principali fonti delle entrate della contea, che negli anni di Mainardo conobbe una fioritura fino ad allora sconosciuta.
Mainardo II si schierò con Rodolfo I d’Asburgo nella sua lotta contro re Ottocaro II di Boemia, e per questo, nel 1286, venne elevato alla dignità di principe imperiale, e ricompensato con il ducato di Carinzia. Sua figlia Elisabetta sposò Alberto I di Asburgo. Alla sua morte il Tirolo passò, indiviso, ai figli e dal 1310 unico sovrano fu Enrico di Carinzia e Tirolo. Fu sepolto nell’abbazia di Stams (Tirolo austriaco) con la consorte.