Garibaldi a Bezzecca…

“Portantina di Garibaldi, bottino dei Kaiserjäger nella vittoriosa battaglia di Bezzecca del 21 luglio 1866”: è quanto si legge, in tedesco, su un cartello affisso su tale portantina, che fa bella mostra di sé al museo dei Kaiserjäger del Bergisel, ad Innsbruck. Di questo e di altro ne parlano Franco Beber e Paolo Monti, rispettivamente Presidente e Portavoce di Risveglio Tirolese. Innanzitutto, ricordano che Giovanni Cerino Badone scrive: “Nonostante l’esaltazione che tale campagna ancora trova nella storiografia militare italiana, una analisi più accurata dei fatti racconta una storia ben diversa. Le truppe austriache del maggior generale Franz Kuhn von Kuhnenfeld, in tutto 17.000 effettivi dispiegati lungo il saliente trentino dallo Stelvio sino alla Valsugana, in un mese permisero a Garibaldi e ai suoi volontari di progredire di appena 20 km dalla linea di confine sino a Bezzecca, limite della sua avanzata verso Trento, pagando a carissimo prezzo ogni scatto in avanti. Il rapporto delle perdite subite ed inflitte fu sempre a vantaggio austriaco: a Monte Suello, il 3 luglio, le perdite furono di 6:1, a Vezzo il giorno dopo di 4:1. Infine il 21 luglio a Bezzecca avvenne la battaglia di arresto decisiva. Spacciata in seguito come l’unica vittoria campale italiana nella guerra del 1866, il Corpo Volontari subì in realtà un rovescio tattico impressionante al termine del quale i volontari garibaldini lamentarono la perdita di 1.450 uomini (9,6%) contro appena 207 perdite (1,6%) austriache, con una proporzione di 14:1. Non stupisce affatto che dopo una batosta simile, pur rimanendo padrone del campo di battaglia, Garibaldi abbandonò ogni progetto di rapida avanzata verso Trento e fu ben lieto, il 9 agosto, di firmare il famoso “Obbedisco” che gli imponeva la ritirata dal saliente trentino. Date tali premesse anche la 15a Divisione Medici (9.530 effettivi e 18 pezzi d’artiglieria), inviata in Valsugana per tentare l’occupazione di Trento da est, optò per una avanzata quanto meno prudente, data l’efficienza in combattimento dimostrata sino ad allora dalle forze austriache”.
Dunque chi vinse la battaglia di Bezzecca?
È quantomeno dubbio. Vi sono tuttavia delle certezze, in tutta la vicenda: innanzitutto, Garibaldi non raggiunse lo scopo della “campagna del Tirolo”, che era quello di raggiungere Trento, non certo di occupare Bezzecca. Al contrario, gli Austriaci riuscirono a scongiurare l’invasione, prima da parte di Garibaldi, poi del generale Medici.
Come è ampiamente documentato i Trentini/Tirolesi meridionali combatterono nelle file dell’esercito regolare austriaco, formato per lo più da Cacciatori imperiali (Kaiserjäger) e nelle file della milizia volontaria, i Bersaglieri provinciali (Landesschützen), che si mobilitarono in difesa della loro patria. E poi la popolazione che, in totale contrasto con le aspettative e gli auspici dei garibaldini, rimase ferma al suo posto, solidale con l’esercito austriaco e la milizia locale ed assolutamente ostile agli invasori in camicia rossa.
Piace qui richiamare, a tal proposito, un episodio illuminante ed anche divertente, accaduto addirittura 50 anni più tardi, durante la prima guerra mondiale, raccontato da un soldato italiano, tal Giacomo Colombo di Vobarno, raccolto in un testo del 1980 della Regione Lombardia. Così narra il Colombo: “Una sera, ad ogni modo, siamo scesi giù a Bezzecca, al caffè “Obbedisco”….Come il sergente Zanca ha cominciato a suonare la marcia reale e l’inno di Garibaldi, è successo il disastro, perché quelli là si sentivano austriaci e non italiani. Sono volate botte e sediate a tutto spiano, qualche soldato ha tirato fuori la rivoltella, perché noi eravamo in più pochi….”.
Tanto premesso, ci chiediamo quale sia il senso di un museo garibaldino a Bezzecca, se non quello di perpetrare l’ingiustizia consistente nello stravolgimento della storia del Trentino/Tirolo meridionale e nel costringere i Trentini/Tirolesi meridionali a rinnegare la propria identità, costruita attraverso un secolare percorso.
Volendo fare del marketing territoriale per attrarre i turisti – specifica Risveglio Tirolese, – si dovrebbe valorizzare la memoria genuina e la ricchezza identitaria originale, anziché operarne posticce e menzognere sostituzioni. Fra le innumerevoli iniziative, genuine e corrispondenti alla vocazione del territorio, vi è ad esempio quella del recupero delle caserme austriache del Bondone, con relativa trasformazione in museo della “Trento – città fortezza”: chissà mai perché questa ed altre analoghe iniziative non decollano a causa di insuperabili vincoli di bilancio, che al contrario, in occasione delle forzature storico-identitarie, miracolosamente svaniscono!
La nostra Autonomia – sottolinea Risveglio Tirolese – frutto di un accordo internazionale intervenuto nel 1946 fra Austria ed Italia, poggia su solide basi identitarie ed è perciò cosa assai diversa dal mero decentramento amministrativo: l’azione di stravolgimento identitario, ormai incessante, rappresenta una folle corsa verso l’annientamento delle ragioni che stanno alla base di detta Autonomia la quale, di qui a poco, apparirà ridicola e destituita di fondamento. A quel punto la Provincia di Trento sarà pronta per la soppressione della Regione, il definitivo distacco da Bozen e l’aggregazione al Veneto: che sia proprio questo il fine perseguito?






