von mas 30.06.2024 11:00 Uhr

Finirà molto male

La Provincia di Trento e le azioni di Hydro Dolomiti Energia  – L’ intervento di Fabio Caumo (versione integrale):  “La rinuncia all’acquisto del 40% delle centrali idroelettriche non è un problema finanziario. È un problema di classe politica rinunciataria e priva di visione al limite dell’irresponsabilità”

La diga di Bissina (Foto PAT / Agenzia provinciale per le risorse idriche e l'energia)

Le 29 centrali di Hydro Dolomiti Energia (HDE) per una potenza elettrica installata di 1,3 GW, una produzione media annua superiore a 3 miliardi di chilowattora ed un fatturato che nel 2022 ha superato i 360 milioni di euro, finiranno in mano a qualche gruppo internazionale o saranno smembrate e vendute come spezzatino sul mercato. Ai trentini non rimarrà nulla.

L’autonomia perderà così la fonte di ricchezza economica più importante, segnando anche in questo un distacco netto di mentalità, focalizzazione, disponibilità all’impegno ed al sacrificio rispetto a Bolzano. Sudtirolo che le sue centrali ha scelto di tenerle tramite Alperia, accettando le gare per il rinnovo delle concessioni, investendo sugli impianti, a differenza di Trento che vorrebbe evitarle le gare e punta unicamente ai lauti dividendi. Meglio l’uovo oggi che la gallina domani. La via migliore, certa per perdere alla fine tutto quanto.

 

HDE è posseduta per il 60% dalla multiutility provinciale Dolomiti Energia Holding (DEH) mentre il 40% di azioni è stato acquistato nel 2015 per 335 milioni di euro dal fondo australiano Maquaire (che lo aveva rilevato da ENEL) e che ora ha deciso di vendere al prezzo di 400 milioni di euro dopo aver prelevato utili per oltre 160 milioni di euro. Guadagno totale 225 milioni di euro con un rendimento del 67% in otto anni o dell’8% annuo.

Dolomiti Energia ha il diritto di prelazione all’acquisto, ma finora non sembra volerlo esercitare e lascia campo libero ad una cordata “trentina”; i veri acquirenti saranno però gli inglesi del fondo Equitix assieme a Tages Capital, visto che i trentini non dispongono finanziariamente di 400 milioni di euro e stanno facendo di fatto da intermediari.

Si sono scritte diverse cose sulla opportunità di lasciare campo libero ai privati: il pubblico non dovrebbe esercitare attività economiche; Dolomiti Energia dovrebbe diversificare gli investimenti; l’idroelettrico è a rischio cambiamento climatico; le concessioni per la derivazione d’acqua delle centrali sono in scadenza.

Obietterei dicendo che non servono ideologie: il pubblico può anche esercitare attività economiche e nel caso delle centrali lo sta facendo, con la competenza e l’efficienza del privato; qualcuno dovrebbe spiegare quali siano gli investimenti di diversificazione più remunerativi dell’idroelettrico, forse il petrolio ma non sembra che gli arabi siano disposti a vendere i pozzi petroliferi agli inglesi; sul rischio cambiamento climatico si può osservare che il 2024 sarà un anno record di produzione di energia idroelettrica; come qualcun altro ha rilevato (Alessio Manica – Corriere del Trentino del 26.06.2024 pag. 2), gli inglesi acquirenti non sembrano preoccupati della scadenza delle concessioni e sono pronti ad investire 400 milioni di euro.

Al tempo dell’ingresso degli australiani nel capitale di HDE era stata messa in circolazione anche la favola metropolitana della sinergia finanziaria per operazioni di ampio respiro, ma direi che 225 milioni di euro sottratti al Trentino in otto anni senza alcuna contropartita, possano essere sufficienti per smentire il tutto.

 

Allora, perché Dolomiti Energia non acquista il 40% delle centrali idroelettriche?

Qui si apre un doppio capitolo, di totale mancanza di visione politica e di traccheggiamento economico: si tira a campare con i dividendi annui, meglio l’uovo oggi che la gallina domani.

Nel periodo 2018-2022 i comuni di Trento e di Rovereto e Trentino Sviluppo hanno percepito dividendi rispettivamente per 38 e 35 e 28 milioni di euro. Sono mediamente 8 milioni di euro anno per Trento, 7 per Rovereto e 5-6 per Trentino Sviluppo, soldi ai quali dovrebbero almeno in parte rinunciare nell’ipotesi di acquisto del 40%, cosa che evidentemente non sono disposti a fare, mettendo in conto con ciò anche la possibilità di una perdita definitiva delle centrali. Pronti a rinunciare anche agli ulteriori 20 milioni annui di dividendi che Dolomiti Energia porterebbe a casa esercitando il diritto di prelazione, e di più, senza considerare la possibilità di garantirsi il potere decisionale per affrontare con determinazione la fase del rinnovo delle concessioni idroelettriche.

Agli australiani subentreranno gli inglesi, ma questa volta proveranno ad esercitare un controllo sulla gestione delle centrali, oppure rivenderanno, faranno spezzatino per conseguire un guadagno. La possibilità che questo accada è nelle cose: come messo in evidenza dal sig. Giorgio Rossi di Storo (l’Adige 25.05.2024 pag. 47), i privati Finanziaria Trentina, Fondazione Caritro, Equitix detengono già oltre il 17% di Dolomiti Energia e di conseguenza verrebbero a possedere, direttamente e indirettamente, oltre il 50% delle azioni di Hydro Dolomiti Energia. Prescindendo dal perché e dal come sia possibile che la Fondazione pubblica Caritro si ritrovi in cordata con i privati e contro i comuni e la Provincia, il peso decisionale di questi azionisti sarà decisivo in futuro nelle scelte di presidio e valorizzazione delle centrali o di monetizzazione delle stesse.

Ecco tutta la “miseria” della posizione rinunciataria di Dolomiti Energia!

 

Eppure le strade per reperire i 400 milioni di euro necessari esistono.

Secondo la Banca d’Italia i depositi bancari delle famiglie trentine superano i 18 miliardi di euro e quindi sarebbe possibile finanziare con un azionariato diffuso l’acquisto del 40% delle centrali.

Dolomiti Energia dispone di un capitale proprio (2022) di 597 milioni di euro. Potrebbe emettere un prestito obbligazionario di 400 milioni, oppure aumentare il capitale sociale di 400 milioni con l’emissione di azioni privilegiate (che non hanno diritti di voto e non spostano gli equilibri azionari) o un mix delle due ipotesi.

Le banche potrebbero collocare le azioni/obbligazioni con il diritto all’acquisto di una quota prefissata per ogni singolo residente ed una per ciascuna attività economica. I 20 milioni annui di dividendi del fondo Maquaire assicurerebbero un rendimento annuo del 50% alle azioni/obbligazioni e darebbero ai risparmiatori trentini l’opportunità di investire i loro risparmi in qualche cosa di utile per l’intera comunità. Forse che Dolomiti Energia è dei trentini solo quando si tratta di pagare le bollette?

Per chiudere, la rinuncia all’acquisto del 40% delle centrali idroelettriche non è un problema finanziario. È un problema di classe politica rinunciataria e priva di visione al limite dell’irresponsabilità.

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