von Vap 09.02.2024 11:36 Uhr

Camminando – Verso la Pala di Santa

Alla ricerca di un silenzioso percorso innevato, tra la Eggental e la Val di Fiemme

Conquistare è verbo spesso associato all’arrivo alla cima, al raggiungimento di una vetta. Eppure non è sempre adeguato questo termine, anzi spesso stride con l’immagine della montagna, e della natura in generale. Più che alla natura, invero, si addice all’uomo. L’uomo che troppo spesso prende, e altrettanto spesso, anziché preservare, calpesta e distrugge. Ecco perché al verbo conquistare, troppo militaresco, eccessivamente „umano“, è da preferire il verbo pervenire, ossia giungere attraverso fatiche e ostacoli alla meta, che non non dovrebbe essere altro che la rispettosa contemplazione di un luogo di natura che si lascia ammirare.

L’immagine di una montagna eccessivamente antropizzata purtroppo si affaccia nei mesi invernali agli occhi di chi cerca di viverla ancora ai margini, sebbene molti percorsi tocchino zone affollate da chi della montagna ama le code, al bar, alle cabinovie, fin troppo abituati al contesto cittadino dei grandi magazzini dove la felicità è merce di scambio venduta al prezzo della superficialità.
Scegliendo il tracciato che da Passo Lavazé porta alla Cima della Pala di Santa, dopo un lungo percorso (sentiero 9) immersi nel silenzio del bosco, con le racchette da neve o le pelli di foca, ci si imbatte nel comprensorio sciistico di Pampeago, e per chi la musica da discoteca la ama ma non certo mentre fatica a risalire pendii ormai solo artificiosamente innevati, il tratto appare quasi una tortura, tra vento gelido, musica stridente con il silenzio della natura e ombre sfreccianti, felici di ruzzolare verso la coda successiva in funivia.
Ma è sufficiente un’ora di sopportazione per immergersi nuovamente nel silenzio e pervenire finalmente alla croce di vetta della Pala di Santa, luogo ancora sacro e incontaminato, traccia indelebile del passaggio dell’uomo, che lì vi ha piantato una croce, segno tuttavia della sacralità di un luogo a cui l’alpinista sarà sempre devoto, perché lui non conquista ma perviene, non distrugge ma preserva, e la sua gioia non sta nella conquista ma nella contemplazione silenziosa della sua padrona: la montagna.

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