von mas 07.04.2023 09:45 Uhr

Andrea Papi ucciso da un orso

Oggi è prevista l’autopsia, ma la dinamica dell’accaduto pare essere chiara: l’incontro, la lotta, la terribile morte. 

E’ accaduto quello che da tempo si temeva: Andrea Papi, il giovane di Caldes il cui corpo è stato trovato ieri notte nel bosco, è stato aggredito da uno (o più di uno…) orso.  Ed è morto.  I risultati dell’autopsia, prevista per oggi, dovrebbero confermare quanto  oggi si legge su tutte le testate.

Le notizie di agenzia parlano di tracce eloquenti: la corsa lungo la strada forestale si interrompe bruscamente, il terreno sconvolto, segni di lotta, tracce di sangue, brandelli di vestiti. Ed infine il corpo di Andrea Papi, ritrovato fra gli alberi, lungo il versante scosceso del bosco, sotto i  tornanti della strada sterrata.

“Le tracce dell’incontro con l’orso –  ha dichiarato alla stampa Fabio Angeli, capo della Forestale di Malè – partono in località Crocifisso, a quota 1200 metri. Andrea scendeva di corsa lungo la strada forestale, ma all’improvviso ha tagliato due curve, giù dalla scarpata. Tracce di sangue e sottobosco sconvolto proseguono per 150 metri, in un’area impercorribile a causa di rami ammassati, proprio fino al tronco in cui l’abbiamo trovato”.  Si parla di ferite importanti, al cranio e su tutto il corpo, di segni di un disperato quanto inutile tentativo di difesa

Caldes è in Val di Sole, a 700 metri di quota.  Un paese come tanti, come praticamente tutti quelli del territorio provinciale.  Dove il bosco comincia sulla porta di casa, dove è parte del quotidiano, per una corsa ma anche una passeggiata con i bambini, per raggiungere la casa da mont o la malga, per tagliare la legna o raccogliere funghi, o semplicemente respirare fra i rumori della natura e i primi fiori della primavera.

Non è ammissibile quanto è avvenuto, anche prima di ieri notte,  non è possibile dover avere paura ad uscire di casa.  Che il numero di orsi (e di lupi) sia fuori controllo da anni, lo diciamo in molti da tempo.  E che prima o poi sarebbe successo qualcosa di gravissimo, pure, anche se tutti speravamo che non sarebbe mai accaduta la tragedia di ieri notte.  Che non è certo dovuta ad una carenza di “educazione alla convivenza”, perchè questa “convivenza”  è impossibile ormai da molto tempo.

 

Quando nel 1996 si cominciava a parlare del Progetto Life Ursus, ero fra i consiglieri del Parco Naturale Adamello Brenta, lo sono stata ancora solo per pochi mesi,  fino all’inizio dell’anno successivo.  Si cominciava appena a parlarne, c’erano voci contrarie e altre  favorevoli a questo “esperimento”; in teoria, si diceva, sarebbero stati pochi gli esemplari a restare sul territorio provinciale, nelle zone più selvagge e quasi non frequentate, qualche decina o poco più, monitoriati costantemente.

I numeri attuali – impossibili da verificare e probabilmente molto più alti di quelli che risultano dai censimenti ufficiali –  non sono sostenibili per nessun territorio, tanto meno per il nostro.  L’ora  di cominciare a ridurli drasticamente è passata da tempo.  In  questo campo, la Provincia AUTONOMA di Trento deve agire in completa autonomia decisionale e operativa:  se lo fa il Land Tirol – che ha appena approvato una legge per prelevare immediatamente i predadori pericolosi –  non si vede perchà non si possa fare anche a Trento, dove il limite della pericolosità è stato superato  da molto prima di ieri notte.

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