von mas 08.12.2022 06:35 Uhr

Briciole di Memoria: “Indicibili disagi e privazioni…”

Effetti della “redenzione”: Nei primi giorni del dicembre 1918, il parroco di Caderzone registra due decessi: sono due reduci dalla prigionia nel campo di concentramento italiano di Brescia.  

Giovanni Mosca “Gramolin” era nato a Caderzone il 7 gennaio del 1884. Contadino come la maggior parte degli abitanti del piccolo paese della Rendena, si era sposato con Lucia Polla nel 1910; dal matrimonio erano nati quattro figli: Caterina nel 1911, Aristide nel 1912, Giorgina nel 1914, morta dopo pochi giorni; e poi l’ultima, Ida, nata nel marzo del 1917, in piena guerra.

Non abbiamo notizie sicure sul suo impiego durante gli anni del conflitto: di certo, alla fine della guerra non era lontano da casa. Forse era uno Standschütze o forse soltanto un lavoratore militarizzato.  Fatto sta che, appena “redento”, viene imprigionato dagli italiani in un campo di concentramento a Brescia o negli immediati dintorni.  Non ci resta molto tempo, solo un mese o poco più… ma per Giovanni quel mese è fatale. 

Rientra a Caderzone ai primi di dicembre, forse il 3 o magari il 4.  Per lui c’è appena il tempo di riabbracciare la moglie, i figli... e di andarsene per sempre.

Il parroco nel registro dei morti scrive parole terribili (e pure alquanto pericolose, vista l’aria che tira…):  “Arrivato a casa dal campo di concentramento di Brescia dove aveva sofferto indicibili disagi e privazioni, ammalato gravemente, in capo a 36 ore morì – Polmonite acuta per influenza”. Giovanni Mosca aveva solo 34 anni.

Due giorni dopo, il parroco annota un altro decesso.

Anche Fortunato Sartori “Mercant della Appollonia” (Appollonia era sua nonna, una donna forte e volitiva,  era lei a portare i pantaloni, in famiglia) era nato a Caderzone, nel 1881; calzolaio, non era sposato.  Anche di lui non sappiamo con certezza su che fronte trascorse gli anni di guerra: probabilmente vicino a casa, come Giovanni Mosca, come tre dei suoi fratelli, uno vecchio, uno malandato e uno talmente miope da essere considerato inutilizzabile.

E come Giovanni, anche Fortunato alla “redenzione” finisce nel campo di concentramento di Brescia.  Ed anche lui ne esce in condizioni disperate. Lo annota sempre il parroco nel registro dei morti, ma stavolta non calca troppo la mano: “Tornato dal campo di concentramento di Brescia in condizioni di salute assai scossa, in due giorni morì repentinamente – bronchite catarrale acuta”.  E’ il 7 dicembre 1918, quel pover’uomo di Fortunato – di nome ma non certo di fatto – avrebbe compiuto 37 anni una settimana dopo…

 

L’unica – assai misera –  consolazione, è che i resti di Fortunato e Giovanni non sono stati portati a Castel Dante, a riempire di salme e di nomi un Ossario costruito per esaltare le gesta gloriose dei militari  italiani, caduti per la “redenzione” di Trento e di Trieste, ma dove finirono anche tanti soldati tirolesi, la cui identità è stata inesorabilemente cancellata e sostituita.

Altri di Caderzone torneranno dalla prigionia nelle settimane e nei mesi successivi. Di loro e del terribile campo di concentramento di Brescia / Ponte San Marco, racconteremo nelle prossime settimane.

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