La „Ruina Dantesca“ della Vallagarina

Oggi è la giornata dedicata a Dante Alighieri (il cosidetto „DanteDì“… che, in effetti, suona molto meglio di „DanteDay“!), il grande poeta fiorentino, autore della Divina Commedia. Vista la situazione contingente, non ci saranno cerimonie ed eventi nemmeno nel capoluogo toscano. Ma sulle pagine di UnserTirol24 arriva, puntuale e precisa, una delle „Storia & Storie“ di Maurizio Panizza. Già, perché proprio qui, a poca distanza da Trento, si trova uno dei luoghi della Divina Commedia, la cosiddetta „ruina dantesca“. Qui, ma… dove?
Anche il Trentino avrebbe di che ricordare il poeta della Divina Commedia – racconta Maurizio Panizza, giornalista un po‘ detective, appassionato narratore di storie – se non altro perchè in un passaggio del Canto XII dell’Inferno – più precisamente nel Settimo Cerchio (quello dei violenti) – per dare un’idea ai lettori di quanto sia aspro e malagevole l’accesso a tale cerchio, l’Alighieri fa ricorso a una similitudine che tira in ballo il nostro territorio.
A tale riguardo, nel tempo parecchie sono state le ipotesi su dove fosse da localizzare il luogo di cui accenna Dante, fra queste, due sono le più autorevoli: la “ruina” (frana) di Marco di Rovereto, e quella di Castelpietra a Calliano.
Ma se alla prima già nel 1921 si cercò di accreditarne pubblicamente e con certezza la “paternità” (eravamo subito dopo lo Prima Guerra Mondiale, anni in cui la cultura dei vincitori voleva a tutti costi “italianizzare” una provincia dell’ex Impero d’Austria), per la frana di Calliano esistono allo stesso modo eminenti studi sempre rimasti, però, sottotraccia.
Eppure, forse basterebbe una semplice parafrasi del testo per andare più in là della consuetudine storica fin qui adottata.
Prima cosa: il Sommo poeta scrive di una frana di cui pare essere ben documentato al punto che è lecito pensare ad un fatto a lui relativamente vicino nel tempo, impressionante e calamitoso. Orbene, la frana di Marco non può esserlo, essendo la sua origine di natura glaciale e quindi precedente di almeno 10 mila anni rispetto a quando Dante, nel 1300, compone la sua opera.
A dieci chilometri da Marco, però, in direzione Trento, troviamo un’altra frana, quella di Calliano. A ben pensare, questo altrettanto imponente fronte di massi, seppur coperto in parte dalla vegetazione, pare dirci molto in proposito.
Può dirci, ad esempio, che secondo antichi documenti il “Monte Barco” crollò sull’alveo sottostante dell’Adige nell’anno 883 (altri fanno riferimento al terremoto del 1117) e la causa fu appunto il cedimento della parete per movimento tellurico.
Secondo indizio: la localizzazione. Si legge testualmente nella “Commedia” che detta ruina si troverebbe “nel fianco di qua da Trento”. Personalmente sostengo che neppure in questo caso può essere Marco la località indicata, in quanto troppo distante dal capoluogo, ben più di 30 chilometri.
La frana di Calliano, invece, è perfettamente in vista di Trento e dista dalla città solo alcuni chilometri in linea d’aria. In più si colloca sul medesimo versante senza soluzione di continuità.
Tuttavia, se a queste mie deduzioni aggiungiamo quelle ben più “scientifiche” di un gruppo di ricercatori universitari che recentemente hanno confrontato l’età dei due eventi geologici, pare realmente che “l’ipotesi Calliano” abbia la meglio. Infatti, i loro studi hanno evidenziato come la caduta del Cengio Rosso sopra Castelpietra sia verosimilmente da collegarsi al catastrofico terremoto del 1117, cosa che non può essere messa in relazione, invece, con i movimenti glaciali della frana di Marco.
Teorie, dirà qualcuno, certamente, peraltro ancora tutte da dimostrare, oppure da accogliere a seconda del proprio modo di vedere, di pensare, di credere.
D’altro canto, come nel caso citato dalla Divina Commedia, sappiamo bene che in mancanza di prove, sono sempre gli indizi a guidare qualsiasi ricostruzione storica, anche se poi, è da dire, il campanile può fare il resto. Eccome!






