von mas 04.02.2020 11:30 Uhr

La Sav di Sant’Ilario, fra riforma agraria e pellagra

RADICI: Storia & Storie di Maurizio Panizza – La vera storia dell’edificio storico che verrà salvato dall’abbattimento

Il mulino e gli uffici della Sav in un dipinto del 1914

Recentemente la stampa locale ha dato notizia che a breve partiranno i lavori di demolizione dell’ex compendio Sav a Sant’Ilario di Rovereto e che l’edificio storico in esso compreso, verrà per fortuna salvaguardato dall’abbattimento. Nel testo, comunque, vengono riportate delle notizie inesatte in merito alla storia di detto edificio, in quanto si legge che “la sua prima funzione fu quella sociale: un pellagrosario eretto dal medico De Probizer”.

Secondo il sottoscritto – che non è uno storico, ma un giornalista che si occupa di storia – viene fatta al riguardo un po’ di confusione. Infatti, se è pur vero, che l’eminente medico roveretano Guido de Probizer (1849–1929) fu il primo studioso che nel Tirolo di lingua italiana, (l’attuale territorio della provincia di Trento) si occupò di una piaga sociale divenuta preoccupante a fine dell’Ottocento, è anche vero che mai nella palazzina di Sant’Ilario venne allocato un pellagrosario. Riguardo a tale edificio e in particolare alla Sav (Società Agricoltori Vallagarina) è il caso di aggiungere un’importante nota storica.

  • Il compendio Sav. A sinistra l'edificio adibito nel 1910 a Panificio distrettuale. A destra la parte che verrà abbattuta.
  • Sav - Vista sud della palazzina storica

La Sav fu fondata nel 1908 dal deputato don Giovanni Battista Panizza (Volano 1852, Rovereto 1923). Già l’anno successivo, grazie a una sua intuizione, venne messo in atto quello che sarà il primo e forse l’unico esempio di riforma agraria in Sud Tirolo e cioè l’acquisto dalla Congregazione dei Rosminiani di un’enorme tenuta che dall’attuale quartiere del Brione di Rovereto giungeva sino a Sant’Ilario e alle rive dell’Adige. L’idea era quella di poterla acquisirla come Sav per poi suddividerla fra i soci contadini.

Con notevole abilità, il Presidente riuscì in brevissimo tempo a concludere la complessa operazione finanziaria e a ottenere un mutuo di 230.000 corone dalla Banca Cattolica di Trento. La tenuta venne così suddivisa in 56 lotti, destinati ad altrettante famiglie, che variavano come dimensione dal mezzo ettaro ai 2-3 ettari ciascuno e per i quali vennero fissati dei canoni d’affitto molto modesti. Poco dopo la casa padronale venne ceduta alla Provincia che ne avrebbe fatto in seguito l’Istituto Educativo di Sant’Ilario (l’attuale sede dell’ITIS Marconi), mentre successivamente anche un altro edificio – quello appunto di cui stiamo parlando – fu acquistato dall’Ente pubblico con i soldi stanziati dal Governo Austriaco per il “Fondo pellagra”.

 

  • Don Panizza (a destra) Deputato al Parlamento di Vienna - 1910

La malattia della pellagra, considerata al suo insorgere una patologia “misteriosa”, è bene ricordare che derivava da un cattivo apporto alimentare, in particolare dal mancato assorbimento della vitamina B3.

A quei tempi l’alimentazione delle classi contadine era per lo più a base di farina di mais (polenta) e tale dieta era indirettamente uno dei principali responsabili della malattia. Infatti, le proteine del mais, povere di vitamina B3, sono per loro natura scarsamente assorbibili dall’organismo.

Da qui, da un mancato apporto vitaminico, alla lunga derivavano vari sintomi, fra cui, in progressione, pelle squamosa (dermatite), diarrea, confusione mentale, depressione, demenza, delirio. “Miseria e polenta fanno pellagra”, era il detto che girava all’inizio del secolo scorso.

  • Malato di pellagra

 

Per tornare all’edificio di Sant’Ilario, è da dire che grazie all’opera incessante del dott. de Probizer, fu possibile alla fine dell’Ottocento conoscere le prime cause della malattia e arrivare successivamente all’emanazione di una legge specifica contro la pellagra. Tali provvedimenti consisterono, fra l’altro, nell’avviamento delle cosiddette “cucine economiche” (se non sbaglio una si trovava in via Portici) dove a poco prezzo veniva offerto cibo sano e diversificato, nonché alla costruzione di panifici circondariali per calmierare il prezzo del pane.

E’ in questo contesto, appunto, che la palazzina di Sant’Ilario venne adibita a panificio, con il preciso compito di combattere un fenomeno che in pochi anni aveva portato a cinquemila il numero dei malati nel Tirolo meridionale e all’internamento presso il Manicomio di Pergine di ben più di duecento pazzi pellagrosi, che da soli costituivano in quel momento il 20% di tutti i ricoverati dell’Istituto.

Per quanto riguarda, invece, il pellagrosario di Rovereto, il primo, denominato “alle Ghiaie”, venne fatto costruire dal dott. de Probizer in via Setaioli al n. 20-24 (presso l’incrocio con via Dante) ed entrò in funzione nell’ottobre 1898. Detto ospedale venne poi chiuso nel 1905, quando, grazie a sostanziosi interventi governativi, entrò in funzione sulla collina (l’attuale Viale dei Colli) la grande struttura che attualmente ospita l’Istituto Alberghiero.

  • Pellagrosario di Rovereto in una foto dell'epoca

Con la presa d’atto che la pellagra poteva essere debellata e con la scoperta di nuovi farmaci, grazie ancora al meritorio impegno del dott. de Probizer, nel corso degli anni successivi i nuovi casi di malattia si ridussero notevolmente e nell’arco di un decennio scomparvero quasi del tutto.

Nel 1914 di quella “misteriosa” patologia rimaneva ormai solo un brutto ricordo e la guerra che di lì a poco avrebbe travolto il Sud Tirolo e tutta l’Europa avrebbe cancellato pure quello.

(Per maggiori notizie: “Eroe plebeo. Don Giovanni Battista Panizza” di Maurizio Panizza, Edizioni Stella, Rovereto, 2003)

  • Maurizio Panizza - ©Cronista della Storia - maurizio@panizza.tn.it ©Copyright - Maurizio Panizza. Tutti i diritti riservati. La riproduzione, la pubblicazione e la distribuzione, totale o parziale, del testo e/o delle fotografie originali sono espressamente vietate in assenza di autorizzazione scritta.
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