von mas 27.12.2019 11:30 Uhr

M.A.R, un amore di ferrovia – 1° parte

RADICI: Storia & Storie di Maurizio Panizza – L’antica ferrovia Mori-Arco-Riva: un progetto suggestivo e un amore sfortunato ai tempi dell’Imperatore. Oggi la prima parte di questa Storia, domani la seconda.

Mori e il trenino della M.A.R.

Di Luigia de Lindegg, pare non siano rimaste fotografie. A ricordare il suo passaggio terreno resta solo un nome consumato dal tempo, inciso sulla tomba di famiglia presso il cimitero di San Marco, a Rovereto. Infatti, la baronessina Luigia, morta a soli 33 anni, riposa qui dal lontano 1896, assieme ai suoi familiari fra cui l’illustre padre, il barone Melchiorre Giuseppe de Lindegg, Signore di Mollenburg, Weissenberg, Marbach, Arnsdorf e Lizzana, scomparso anche lui lo stesso anno.

E’ una storia di altri tempi, la sua. Una storia di amore e di morte che merita di essere raccontata.

  • La lapide della famiglia De Lindegg presso il Cimitero di San Marco a Rovereto

Siamo verso la fine dell’Ottocento, più precisamente nel 1888, ed una graziosa fanciulla dai capelli bruni, chiara di carnagione e dal nobile portamento, attende l’arrivo del treno nella piccola stazione di Vintl, in Sudtirolo, una delle provincie più meridionali dell’Impero Austriaco. E’ proprio lei, la giovane figlia del Consigliere dell’Impero, il barone de Lindegg, che per far passare il tempo dell’attesa sta ammirando degli affreschi all’esterno dell’edificio, sotto lo sguardo attento del cocchiere a cassetta di un landò con al traino due cavalli nerissimi.

Curiosamente, la stazione è deserta. Solo un bel giovane con baffi scuri e occhialini, alto e impettito, passeggia lungo il marciapiede a fianco dell’unico binario. Anche lui sta aspettando il treno. Indossa una divisa da funzionario delle Imperial Regie Ferrovie Meridionali. Si chiama Otto Karl Stöber e proviene da una modesta famiglia della Slesia, una regione oggi ai confini fra Polonia e Germania.

Ma fermiamoci qui per un momento e con la “macchina” della storia facciamo un salto all’indietro di qualche decennio, spostandoci di un centinaio di chilometri a sud, più esattamente a Riva del Garda, nell’attuale Trentino. Un passaggio nello spazio e nel tempo che ci verrà utile più tardi, nel prosieguo del nostro racconto.

E’ da dire che dopo la metà dell’800, l’economia del Basso Sarca – Riva ed Arco in particolare – iniziò ad avere un forte impulso in seguito all’incremento delle vie di navigazione sul lago, alla realizzazione di nuove strade di collegamento con le Valli Giudicarie, nonché alla progettazione in corso di una strada per la Valle di Ledro e, soprattutto, di una ferrovia che avrebbe dovuto congiungere il lago di Garda con la “strada ferrata del Tirolo Meridionale”, la linea ferroviaria del Brennero, inaugurata nel 1859.

  • Il lago di Loppio

Un’idea ambiziosa quella della ferrovia “privata”, che aveva messo in campo numerosi progettisti e finanziatori. Un sogno che avrebbe tolto l’Alto Garda dall’isolamento, ma che tuttavia stentava ad andare avanti. Eravamo nel 1887 e se ne parlava inutilmente già da quasi dieci anni: difficoltà di vario genere avevano finora impedito la realizzazione del collegamento.

Finalmente, dopo aspri scontri fra le municipalità interessate, il progetto dell’ing. Rudolf Stummer cav. von Traunfels venne approvato in via tecnica con il beneplacito delle autorità governative di Vienna.

  • La M.A.R. a Loppio

Si trattava ora di superare il non facile scoglio del concreto reperimento dei fondi privati, circa 4 milioni di franchi, una cifra non indifferente per coprire i costi dei previsti 24 chilometri di linea ferrata.

Trascorsi diversi mesi dall’approvazione, sembrava, però, che nessun finanziatore fosse interessato alla M.A.R, la ferrovia – chiamata così per brevità – che avrebbe collegato i centri di Mori, Arco e Riva. Un disinteresse così grave che il progetto riprese di nuovo a segnare il passo.

  • Il trenino a Loppio

E qui, dopo avere riferito questo doveroso antefatto, possiamo tornare ancora a Vintl, a quella piccola stazione in cui gli sguardi della venticinquenne baronessina de Lindegg e del ferroviere dai lunghi baffi, alla fine si incrociarono. I dipinti alle pareti, infatti, erano opera del giovane ferroviere Stöber, e Luigia, è da dire, non era affatto una sprovveduta in tema d’arte pittorica.

Quando l’occhio esperto della ragazza si staccò ammirato dalla parete, trovò occhi diversi che la guardavano con altrettanto interesse. Così, un colloquio molto cordiale prese avvio fra i due, quando in lontananza, nella valle, si udì il fischio del treno in arrivo. Pochi minuti dopo, dalla carrozza di prima classe scese il barone Melchiorre de Lindegg interrompendo di colpo qualcosa che non avrebbe mai voluto essere interrotto. E mentre padre e figlia si avviavano verso l’esterno, la giovane, visibilmente turbata, non smetteva di girarsi all’indietro. Era del tutto evidente che una scintilla d’amore era scoccata fra i due giovani.

Il fuoco, invece – quello della passione – sarebbe divampato di lì a poco attraverso una fitta corrispondenza epistolare fra i due, unendo idealmente le signorie de Lindegg, quella di Vintl in Val Pusteria e quella di Lizzana, presso Rovereto. Un rapporto confidenziale sempre più stretto, che purtroppo durò fin quando il padre di lei non se ne avvide, troncandolo d’autorità: “Un semplice ferroviere – sentenziò solenne il barone – non potrà mai aspirare a diventare mio genero.”

Ma la fanciulla innamorata aveva un forte carattere e si dimostrò irremovibile nei suoi propositi. Iniziò così un braccio di ferro fra padre e figlia che portò, per qualche mese, alla rottura di qualsiasi rapporto.

  • Otto Karl Stöber

Poi il barone, che per Luigia stravedeva, concluse che una soluzione doveva pur esistere. E da qui, un suo lampo di genio,  raccontato da Giacomo Nones nel suo libro “Mar. Storia di una ferrovia”. Chiamò immediatamente l’amico barone Malfatti di Rovereto chiedendogli di perorare la causa della M.A.R. presso l’Imperatore Francesco Giuseppe. Poi attivò altre persone perché facessero pressione sul banchiere Sigismund Schwarz di Bolzano, il quale alla fine si dichiarò disponibile a finanziare il progetto. Si costituì, infine, una società per azioni (la “Lokalbahn Mori-Arco-Riva am Gardasee”) in cui entrò pure lui, il barone de Lindegg, così i lavori per la costruzione del tracciato poterono finalmente iniziare nel 1890.

 

  • Il trenino della M.A.R. dopo avere costeggiato il Lago di Loppio, affronta la salita di Passo San Giovanni

Bella idea quella del barone, ma che ne fu del giovane ferroviere innamorato? E come c’entra in questa storia? Alla pari di tutte le vicende del genere, in realtà non sappiamo fin dove arrivò il cuore e fin dove prevalsero gli affari. Certo è che nel frattempo Otto Karl Stöber era stato trasferito presso la stazione di San Michele all’Adige, lungo la “strada ferrata del Tirolo Meridionale”, avvicinandosi in tal modo alla sua amata.

Così come è indubbio che già prima che i lavori della nuova ferrovia fossero conclusi, lui venne assunto dalla società M.A.R. per ricoprire il prestigioso incarico di primo Capostazione titolare a Riva del Garda.

  • L'annuncio dell'inaugurazione della ferrovia

Il 28 gennaio del 1891, la ferrovia venne inaugurata in pompa magna. Fu un grande e lungo festeggiamento che partendo da Mori e costeggiando con tortuoso tracciato il piccolo lago di Loppio, coinvolse tutti gli abitanti di ogni paese toccato dal piccolo convoglio: Oltresarca, Romarzollo, Arco, Cologna e Riva.

Tutte le carrozze erano decorate con addobbi a festa. Quelle di prima classe spiccavano nei loro broccati di velluto carminio e motivi floreali; molto più modeste, invece, quelle di terza classe, con umili panche in legno, ma molte bandiere bianche e rosse che davano agli interni un po’ di colore.

  • La M.A.R. a Nago

Il Capostazione Stöber, alla sua prima uscita ufficiale, era indaffaratissimo e radioso. Nella foto qui sotto, lo si vede all’estrema sinistra, vestito di un lungo cappotto scuro e con il cappello a cilindro, mentre dà le ultime istruzioni al macchinista.

  • Otto Karl Stöber a sinistra, mentre dà gli ultimi ordini al macchinista

Per il giovane Otto era la realizzazione di un sogno cullato per tanto tempo. Il seguito si concretizzò l’anno successivo, quando finalmente il 14 maggio l’ex ferroviere di Vintl si unì in matrimonio con la baronessina Luigia de Lindegg, nella chiesa di San Marco a Rovereto.

Alla cerimonia era presente gran parte della nobiltà locale.

  • Atto di matrimonio: lo sposo
  • Atto di matrimonio - la sposa

Come prima tratta del loro viaggio nuziale, gli sposi, assieme agli invitati, ripeterono il tragitto dell’inaugurazione con un convoglio speciale, stavolta trainato dalla locomotiva “Pinzolo” appena acquistata dalla società, mentre a Riva del Garda tutta la cittadinanza attendeva festante quel corteo molto speciale.

Fiori, applausi e sorrisi: ogni cosa sembrava annunciare un futuro molto felice per i due giovani sposi. Purtroppo, però, dietro all’angolo si nascondeva un amaro destino, che scopriremo domani, nella seconda parte di questa “storia”.

  • Maurizio Panizza - ©Cronista della Storia - maurizio@panizza.tn.it ©Copyright - Maurizio Panizza. Tutti i diritti riservati. La riproduzione, la pubblicazione e la distribuzione, totale o parziale, del testo e/o delle fotografie originali sono espressamente vietate in assenza di autorizzazione scritta.
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